Anno zero: Travaglio con Santoro, ma il vero problema è che la Rai è morta



Marco Travaglio mi piace, ovvero, condivido spesso ciò che scrive e credo che la sua presenza sulle reti di stato non possa che fare del bene alla pluralità dell’informazione.
Soprattutto in tempi ormai logori di monopolio governativo, voci critiche come la sua servono come il pane.
Ciò nonostante, in questi ultimi giorni mi sono guardato bene dallo scrivere qualcosa sulla vicenda del contratto di Travaglio, relativo alla sua partecipazione alla trasmissione Anno zero.
I motivi sono tanti e, perlomeno dal mio personale punto di vista, hanno a che vedere come sempre con un criterio di realtà, che cerco di non perdere mai.
Ne dico due, così a caso.
Il primo è che in un paese come il nostro, in cui il tasso di disoccupazione è destinato a crescere ancora nel 2010, la mia attenzione va inevitabilmente a molti altri contratti di altrettanti miei concittadini, ovviamente meno fortunati del seppur bravo giornalista.
Il secondo, in particolare, rappresenta il punto che vorrei sottolineare in questo post.
Sempre a mio modesto parere, ho l’impressione che il più delle volte sui giornali come in tv i personaggi che albergano in queste potenti vetrine discutano di falsi problemi.
La guerra, il razzismo, la libertà di stampa, grandi temi sono al centro del confronto, tuttavia, inevitabilmente il contendere si concentra sovente su piani esclusivamente teorici, inutilmente speculativi e tristemente lontani dalla strada, dalla vita di tutti i giorni e di conseguenza dalla realtà.
Qual è la realtà?
Attualmente in Rai ci sono in prima serata quattro grandi e celebrate trasmissioni di approfondimento politico: Porta a Porta, Ballarò, Report e Anno Zero.
Il programma di Bruno Vespa va in onda dal 1996, cioè da ben 13 anni.
Quello di Giovanni Floris va avanti dal 2001, da 8 anni.
La seppur intelligente, coraggiosa e lodevole trasmissione di Milena Gabanelli esiste dal 1997, quindi da 12 anni.
Anno Zero c’è dal 2006, solo 3 anni, ma va detto che la trasmissione di Michele Santoro è la diretta evoluzione di Sciuscià, già in onda dal 2000 al 2002.
Come vedete, la realtà è che il vero problema non è l’osteggiata partecipazione di Travaglio, del quale, ripeto, apprezzo quasi sempre gli articoli, bensì la situazione in cui si trova l’azienda in cui teoricamente lavorano persone pagate dal popolo italiano.
Il vero problema è che sono più di dieci anni che alla Rai di politica parlano sempre gli stessi...