Caffè Platti Torino: il suicidio è un incidente
“Se ci fosse stato un omicidio avrei chiuso, ma è stato un incidente come un altro, come se qualcuno fosse morto per un malore. Aspettavo per pranzo 100 turisti in arrivo da Milano con due autobus, ed il locale era pieno di gente. Io devo pensare al bar, a pagare i dipendenti, e poi forse la signora avrebbe preferito questa riservatezza…”
Pierina Giani, titolare del bar.
Storie e Notizie N. 430
La Storia:
Mi chiamo Christine, ho 66 anni e sono morta esattamente ieri mattina a Torino.
Precisamente nel bagno del bar Caffè Platti.
Avete presente?
Su, quell’elegante locale nel capoluogo piemontese, in Corso Vittorio Emanuele II.
Non lo conoscete?!
Dai, quel ricercato ritrovo della Torino bene.
Come qui racconta in viva voce la proprietaria, perfino Chiambretti ci viene!
Ecco… a dir la verità, soprattutto ieri mattina, la sottoscritta ci è sempre entrata fregandosene se allo stesso bancone avrebbe potuto prendere il caffè con il vip di turno.
Sottolineo di turno e non solo al bancone, perché si sa com'è la fama.
Tutto ad un tratto si trasforma in fame e il personaggio noto per qualche merito diviene capace di tutto pur di continuare a cibare il proprio ego.
Ma questo ora non conta.
Almeno per me, tutto questo… schifo, sì, schifo di società che i gonzi perseverano a foraggiare, non ha più alcun valore.
Non l’aveva prima figuriamoci adesso.
Per la cronaca, sono passata a miglior vita privandomi in prima di persona di quest’ultima.
In favore dei fanatici del dettaglio, vi comunico pure che ho usato una Smith and Wesson 38 special, appartenuta al mio defunto marito.
Ebbene sì, ero vedova e sola, avendo visto morire prematuramente anche mia figlia.
Lo so, dico una banalità, ma una genitore non dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli, più che mai in un paese in cui le prove che costoro possono solo far meglio di chi li ha preceduti sono sotto gli occhi di tutti.
Così, con l’arma nella borsetta sono entrata nell’elegante Caffè, mi sono diretta al bagno e ho messo la parola fine a questa storia.
La mia.
Come vedete, non vi ho parlato dei motivi che mi hanno spinto a tanto.
Immagino che ognuno di voi si renda conto che se una persona decide di suicidarsi deve aver dentro un livello di sofferenza non indifferente.
C’è solo un post scriptum che, vista la suddetta dichiarazione della proprietaria del bar, tengo ad aggiungere: se lo avessi saputo che per lei il mio gesto è solo un incidente come un altro… be’, avrei di sicuro scelto un luogo un tantino meno infame per andarmene...
La Notizia (La Stampa): Parla la titolare di Platti: "Aspettavo 100 clienti. Non ho chiuso per rispetto a loro"