Bandiera della pace colori non si multano

Storie e Notizie N. 847

 

 

 


I colori non si multano.
E’ un assioma, lo capisce anche un bambino. Anzi, un bambino non ha bisogno di capirlo, lo sa e basta. E’ banale, non si discute, come il piacere di giocare con le automobiline con papà in qualsiasi ora del giorno e della notte, dal primo all’ultimo dì dell’anno.
Ovviamente con i colori puoi fare un’infinità di altre cose.
Puoi osservarli e, se hai fortuna di averne il tempo, contemplarli al fine di interpretarne il significato. Sempre però se hai il buon gusto di non venire a rompere le scatole al prossimo con la presunzione di aver scoperto chissà che cosa sul rosso o il blu.
Sono fatti tuoi, magari se ti va ci scambiamo le rispettive sensazioni come con le figurine, ma nulla più, poiché ciascuno di noi ha il sacrosanto diritto di vedere quel che gli aggrada tra le pieghe dell’arcobaleno.
Ecco perché non capisco e mai comprenderò appieno la necessità della guida nei musei, ma questa è un’altra faccenda.
I colori si mescolano, altra attività alquanto gratificante se si ha il dono di trovare assonanze gradevoli allo sguardo dei più.
Le assonanze sono tutto nella vita. Quelle tra amanti, tra partiti politici - anzi, no, questa la taglio in fase di editing… - quella tra le parole che danno vita ad un racconto, soprattutto.
Soprattutto per il sottoscritto, è naturale.
Tuttavia, rimanendo su quelle tra colori, ce n’è una che in questi ultimi anni sta recitando un ruolo infinitamente prezioso. Mi riferisco a quella serie di bande sovrapposte nota come giustappunto bandiera della pace.
Ricordate quando nel 2002 per la prima volta iniziò questo flag mob, se così posso chiamarlo, che consisteva nell’affiggere il suddetto vessillo su balconi e finestre?
A quei tempi ero leggermente più emotivo e provavo un subitaneo senso di tranquillità allorché, prima di entrare in un palazzo a me sconosciuto per un appuntamento o un colloquio, scorgevo un numero non trascurabile di bandiere pacifiste.
“Sono tra amici…” pensavo. “Chi afferma pubblicamente la propria adesione alla pace sul balcone di casa non può essere una cattiva persona.”
Il tempo. Come al solito è stato il tempo a definire le qualità che ci differenziano a prescindere dalla bontà delle intenzioni.
Chi la mise allora probabilmente non poteva essere una così cattiva persona, ma chi l’ha conservata sul proprio balcone, ingrigita ma indenne, o magari l’ha cambiata con una più nuova, senza però smettere di gridare la propria aspirazione alla non violenza anche dopo la scomparsa della moda della bandiera arcobaleno, merita una nota a parte.
E’ scontato, lo so, ma la coerenza con gli ideali che si sbandierano, verbo quanto mai azzeccato, si vede nel momento delle difficoltà.
La coerenza di Nella Ginatempo, proprietaria della bandiera della pace che potete ammirare sulla facciata del palazzo nel quartiere San Giovanni, a Roma.
Palazzo che ha avuto l’ingenua pensata di poter multare i colori.
I suoi colori, suoi e un tempo del marito Melo Franchina, artista pacifista scomparso due anni addietro.
Cinquanta euro… ma ci pensate?
Ma come si fa ad essere talmente ciechi?
I colori non si possono multare.
Quando poi dietro quel rosso, quel giallo e quel blu, oltre ad un ideale come la pace, vi sono anche amore e affetto incancellabili, bisogna essere proprio privi di intelletto se si crede di poter solo scalfirli.
La bandiera è ancora là e anzi, ne sono arrivate anche altre che prima non c’erano.
Perché i colori non si multano e spesso sono contagiosi.