Storie di razzismo: la classe perfetta

Storie e Notizie N. 968

Le notizie dei genitori - italiani doc o purosangue - che desiderano far cambiare scuola ai figli perché in minoranza rispetto agli alunni stranieri – o visibilmente tali - di Prato e soprattutto Landiona, mi ispirano il seguente racconto:

C’era una volta una coppia di genitori nostrani.
Il video
I due avevano un unico figlio e, come quasi sempre capita, su quest’ultimo avevano riposto ogni speranza sul futuro che attende tutti noi.
Nei giorni in cui divenire madre o padre era solo una parola volteggiante nell’orizzonte che verrà, tali auspici erano diventati preziosi allo spasimo, soprattutto per le oscure nubi di sfiducia e paura intrise che non mancavano mai di seguirli lungo il loro rispettivo cammino.
Tipico.
E il primo giorno di scuola arrivò.
Ma con esso, le nubi di cui sopra si annerirono ulteriormente, per quanto ciò fosse possibile, presagendo tempeste crudeli e nubifragi senza alcuna pietà.
La causa di tale funesta immagine fu identica per entrambi.
Il loro piccolo sarebbe stato solo e indifeso in mezzo ad un’intera classe di bambini rom.
Per i nostri fu inaccettabile e così decisero di trasferirlo in un’altra scuola.
Come dire, meno contaminata, ecco.
Noi non siamo razzisti, si dissero. E’ che vogliamo bene a nostro figlio.
Chi potrebbe biasimarci?
Mirabile dictu, l’anno seguente, nel dì che avrebbe dato il via al nuovo viaggio tra banchi e lezioni, il pargolo si ritrovò di nuovo in trincea, solo contro una maggioranza di cinesi.
Così, senza indugio, il papà e la mamma spostarono il bimbo in un’altra scuola.
Come dire, più omogenea, in sintesi.
Il nostro non è razzismo, pensarono. E’ che desideriamo il meglio per il nostro unico figlio.
Quale genitore potrebbe dissentire?
Trascorse esattamente un anno e il primo giorno di scuola fu ancora una volta segnato da un destino irrimediabilmente sadico, poiché il ragazzino finì in un’aula gravida di studenti nord africani, con tutti i rischi del caso.
Vedi islam, terrorismo e droga, tu sai a cosa mi riferisco.
I genitori si guardarono con inaspettata diffidenza, sospettando entrambi nell’altro il germe della mala sorte, tuttavia, non persero tempo nelle loro personali beghe.
Agguantarono con decisione l’adorato cucciolo e lo iscrissero ad altra scuola.
Come dire, meno inquinata, insomma.
Non facciamo discriminazioni sul colore della pelle o altro, giurarono a se stessi. E’ che dobbiamo preoccuparci della qualità dell’istruzione di nostro figlio, mica della sua integrazione con le diverse culture.
Ora, me ne rendo conto, da questo punto in poi la storia assume contorni a dir poco paradossali, per non dire grotteschi, poiché l’incubo si ripeté ancora.
Ancora.
E ancora.
Ogni anno i due rivissero la medesima perfida scena, con il figlio pronto per iniziare una nuova avventura scolastica in compagnia di un’orda aliena.
Un’orda rumena, filippina, marocchina, tutto tranne quel rassicurante romana, milanese, perfino napoletana a cui si erano abituati.
Nondimeno, non si arresero mai e, dopo anni, trovarono finalmente quel che cercavano.
Una classe di uguali e riconoscibili abitanti italici per il loro unico figlio.
Un paradiso in cui vederlo crescere al sicuro.
Per sempre.
Quindi, abbracciarono e salutarono la creatura su cui avevano riposto ogni speranza.
E uscirono dall’ospizio con un sorriso felice sulle labbra.

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