Le due tribù
Storie e Notizie N. 1194
Mentre buona parte del paese discute e si angoscia innanzi al temuto hashtag #We_Are_Coming_O_Rome da parte dei terroristi, nel mondo che resta la vita prosegue.
Il più delle volte deve, altrimenti il frigo rimane vuoto.
Tale paradossale composizione di esistenze muove la mia immaginazione verso il seguente racconto…
C’era una volta un’isola.
Sull’isola c’erano due tribù.
Le due tribù erano diverse.
C’è poco da aggiungere.
Essendo diverse, vivevano in modo differente.
Una aveva scelto il punto più in alto dell’isola.
La cima della montagna.
E non per amore dell’aria buona, sia ben chiaro.
Gli abitanti di sopra non sceglievano il sopra in obbedienza alla passione per qualcosa, bensì al timore di essa.
E laddove sia la paura a condizionare il battito del tuo cuore, piuttosto che l’interesse per tutto fuorché il già noto, c’è poco da rilassarsi.
Difficile farlo, allorché si trascorra la maggior parte del tempo con entrambi gli occhi fissi all’orizzonte.
In attesa dell’inevitabile arrivo di lui.
Il terrificante nemico invasore.
Al contrario, la tribù di sotto viveva di sotto.
Anche qui, non v’è tanto da addurre.
In particolare, gli abitanti si erano sistemati sulla spiaggia.
Adoratori del mare in ogni sua manifestazione, costoro pregavano il dio delle onde, ma non come si fa dalle nostre parti.
Che so, per chiedere qualcosa o vedere esaudito quest’altro.
Per maledirlo in caso di insoddisfatta supplica.
O tirarlo in ballo per vietare qualcosa a chicchessia.
Quelli di sotto pregavano il mare spinti da un solo sentimento, la gratitudine, e per una sola ragione, sintetizzata dalla frase di rito: grazie delle onde.
E non perché fossero dei provetti surfisti, sia ben chiaro.
Ci avevano anche provato, ma erano incapaci.
Pure qua, niente da evidenziare.
Ringraziavano le onde perché è esattamente così che vedevano loro stessi.
Gente che va e che arriva, senza differenza tra le due cose, esattamente come la danza del mare che sospinto dal vento muore sulla riva.
E un attimo dopo resuscita.
Senza alcun bisogno di miracoli.
Venne un giorno in cui il capo della tribù di sopra chiese di incontrare il corrispettivo degli abitanti di sotto e con tutti i suoi compagni scese a valle.
“Collega”, disse agitato, “tu e i tuoi pari siete degli incoscienti. Non avete alzato barriere, non avete costruito armi e non avete addestrato eserciti. I barbari arriveranno dal mare e vi uccideranno tutti.”
“E tu come lo sai?” domandò l’altro.
“Come lo so? C’è scritto dappertutto. L’abbiamo letto nelle stelle, abbiamo tirato in aria le conchiglie e letto la combinazione, abbiamo ascoltato il verso dell’upupa, abbiamo sacrificato ben sei capre e bevuto il sangue, anche lo sciamano è d’accordo. Perfino sul foglietto che abbiamo trovato nella bottiglia c’è scritto se vi prendo vi ammazzo.”
“Ma quello è stato è mio figlio. Ce l’ha con le tracine perché l’hanno punto…”
“Ah… d’accordo, ma vale tutto il resto.”
Il capo della tribù voleva sforzarsi di essere cortese con il collega, se non altro per ragioni di buon vicinato, e tentò di far leva sulla propria apprensione.
Così, per pura empatia, finse di mostrarsi preoccupato e curioso.
“Amico, dimmi, ti prego: come sono fatti questi barbari?”
“Sono alti e pelosi, sono incivili e non hanno rispetto per la nostra cultura e le nostre tradizioni, dove vanno distruggono tutto e se ne vanno via impuniti.”
“Papà…” fece in quell’istante il figlio del capo di sotto, che aveva ascoltato tutto per filo e per segno.
“Caro, non vedi che sto parlando?”
“Sì, ma volevo dirti che ha ragione.”
E tutti seguirono l’indice della mano destra del bambino sino alla montagna della tribù di sopra, le cui case erano in fiamme.
Erano arrivati davvero, gli invasori, pelosi e incivili.
Si chiamavano olandesi.
Compra il mio ultimo libro, Roba da bambini, Tempesta Editore
Mentre buona parte del paese discute e si angoscia innanzi al temuto hashtag #We_Are_Coming_O_Rome da parte dei terroristi, nel mondo che resta la vita prosegue.
Il più delle volte deve, altrimenti il frigo rimane vuoto.
Tale paradossale composizione di esistenze muove la mia immaginazione verso il seguente racconto…
C’era una volta un’isola.
Sull’isola c’erano due tribù.
Le due tribù erano diverse.
C’è poco da aggiungere.
Essendo diverse, vivevano in modo differente.
Una aveva scelto il punto più in alto dell’isola.
La cima della montagna.
E non per amore dell’aria buona, sia ben chiaro.
Gli abitanti di sopra non sceglievano il sopra in obbedienza alla passione per qualcosa, bensì al timore di essa.
E laddove sia la paura a condizionare il battito del tuo cuore, piuttosto che l’interesse per tutto fuorché il già noto, c’è poco da rilassarsi.
Difficile farlo, allorché si trascorra la maggior parte del tempo con entrambi gli occhi fissi all’orizzonte.
In attesa dell’inevitabile arrivo di lui.
Il terrificante nemico invasore.
Al contrario, la tribù di sotto viveva di sotto.
Anche qui, non v’è tanto da addurre.
In particolare, gli abitanti si erano sistemati sulla spiaggia.
Adoratori del mare in ogni sua manifestazione, costoro pregavano il dio delle onde, ma non come si fa dalle nostre parti.
Che so, per chiedere qualcosa o vedere esaudito quest’altro.
Per maledirlo in caso di insoddisfatta supplica.
O tirarlo in ballo per vietare qualcosa a chicchessia.
Quelli di sotto pregavano il mare spinti da un solo sentimento, la gratitudine, e per una sola ragione, sintetizzata dalla frase di rito: grazie delle onde.
E non perché fossero dei provetti surfisti, sia ben chiaro.
Ci avevano anche provato, ma erano incapaci.
Pure qua, niente da evidenziare.
Ringraziavano le onde perché è esattamente così che vedevano loro stessi.
Gente che va e che arriva, senza differenza tra le due cose, esattamente come la danza del mare che sospinto dal vento muore sulla riva.
E un attimo dopo resuscita.
Senza alcun bisogno di miracoli.
Venne un giorno in cui il capo della tribù di sopra chiese di incontrare il corrispettivo degli abitanti di sotto e con tutti i suoi compagni scese a valle.
“Collega”, disse agitato, “tu e i tuoi pari siete degli incoscienti. Non avete alzato barriere, non avete costruito armi e non avete addestrato eserciti. I barbari arriveranno dal mare e vi uccideranno tutti.”
“E tu come lo sai?” domandò l’altro.
“Come lo so? C’è scritto dappertutto. L’abbiamo letto nelle stelle, abbiamo tirato in aria le conchiglie e letto la combinazione, abbiamo ascoltato il verso dell’upupa, abbiamo sacrificato ben sei capre e bevuto il sangue, anche lo sciamano è d’accordo. Perfino sul foglietto che abbiamo trovato nella bottiglia c’è scritto se vi prendo vi ammazzo.”
“Ma quello è stato è mio figlio. Ce l’ha con le tracine perché l’hanno punto…”
“Ah… d’accordo, ma vale tutto il resto.”
Il capo della tribù voleva sforzarsi di essere cortese con il collega, se non altro per ragioni di buon vicinato, e tentò di far leva sulla propria apprensione.
Così, per pura empatia, finse di mostrarsi preoccupato e curioso.
“Amico, dimmi, ti prego: come sono fatti questi barbari?”
“Sono alti e pelosi, sono incivili e non hanno rispetto per la nostra cultura e le nostre tradizioni, dove vanno distruggono tutto e se ne vanno via impuniti.”
“Papà…” fece in quell’istante il figlio del capo di sotto, che aveva ascoltato tutto per filo e per segno.
“Caro, non vedi che sto parlando?”
“Sì, ma volevo dirti che ha ragione.”
E tutti seguirono l’indice della mano destra del bambino sino alla montagna della tribù di sopra, le cui case erano in fiamme.
Erano arrivati davvero, gli invasori, pelosi e incivili.
Si chiamavano olandesi.
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