Storie di immigrati in Italia: abbuffata nazionale e invitati

Storie e Notizie N. 1233

C’era una volta una tavola.
Una grande tavola, tutta imbandita.
Tovaglia e piatti, bicchieri e posate.
E commensali.
Tanti commensali, molti di più di quel che sembrano.
Eh dai, guardiamola tutta, almeno qui.
Cominciamo dal piatto del giorno.
Come della notte.
Uno solo.
Un bel vassoio, più lungo che largo.
Dimensioni, diciamo umane.
In misura, giammai sentimenti o qualcos’altro di simile.
Il nome della pietanza?
Be’, fate voi, il nome non conta, le parole con le quali chiami quel che quotidianamente viene fatto a brandelli da mascelle ebbre d’astuzia quanto d’ottusità non fanno differenza.
Fanno male, è indubbio.
Tuttavia, come dice un antico quanto anonimo detto della savana, nella natura solo le prede conoscono il reale sapore del dolore.
'Spaghetti al migrante', 'Tagliatelle alla clandestina' e 'Pizza quattro stranieri', ovviamente con condimento extra.
'Extra comunitario', è ovvio.
Nondimeno, il menu è noto.
E’ lì, come ogni giorno, cotto o crudo, dilaniato sulle tavole nostrane così tante volte da divenire piatto tradizionale, come il caffè alla napoletana e il risotto alla milanese.
Il vero spettacolo sono gli invitati.
Ci sono loro, è ovvio, i mascalzoni che lucrano sui centri di accoglienza.
Nella capitale, come da nord a sud dello stivale.
Ma ci sono tutti gli altri.
Gli invitati che completano il tavolo e che mangiano la loro parte, oh, se la mangiano.
Quelli che nutrendosi con il migrante pasto, ufficialmente sputando nel piatto da cui dipendono, hanno costruito carriera politica, case in città, in montagna e al mare.
A parole odiano le carni rifugiate, nei fatti non risparmiano neanche le ossa.
Poi ci sono gli eccitati vomitatori dalla bocca capiente e il cranio incustodito.
Sono molti e riempiono gran parte del tavolo.
Così come fanno con ventre e testa, iniziando da quest’ultima, vittima di una solitudine inaccettabile.
Senza discutere, ingurgitano tutto quel che l’uomo che ritengono forte passi loro.
Basta che sia carne, carne viva, possibilmente indifesa e indifendibile.
Oggi va molto di moda la 'minestra Rom', dove ci puoi mettere di tutto, perché tutto fa brodo.
Quindi rigettano e ricominciano, perché è l’unico modo per restare a tavola, insieme agli altri, per sentirsi forti.
Insieme agli altri.
Ma c’è ancora spazio a tavola per loro, i cronisti dell’orrendo desinare, con un potere incredibile nelle mani.
Nelle penne, come nelle lettere sulla tastiera.
Difficile usare propriamente le une come le altre, laddove le dita stringano convulsamente le armi preferite.
Forchetta e coltello.
I testimoni per conto della Storia, non testimoniano affatto.
Vedono, capiscono, ma poi addentano e dilaniano come tutti gli altri.
C’era una volta una tavola.
Una tavola immensa, tutta apparecchiata.
Posate e piatti, bicchieri e naturalmente tovaglia.
Ma il vero spettacolo sono i convitati.
Molti, tanti di più di quel che credi.
Amica che ascolti, amico che leggi.
Pensaci bene, guardati attorno.
Fai attenzione.
Perché, senza rendertene conto, potresti esserci anche tu...
 

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