Giornata del rifugiato a casa di Matilde

Storie e Notizie N. 1484

Ieri è stata la Giornata mondiale del rifugiato e a casa di Matilde l’evento è stato particolarmente sentito…

“Papà”, fa Matilde, sei anni e molte più lentiggini sul viso, che un giorno saranno le basi fondanti della sua bellezza, “io sono stata brava, oggi.”
“Sì, cara…” risponde distrattamente l’uomo, quasi del tutto calvo, attuale base fondante dello stress, piuttosto che il tempo che inesorabile passa.
Nondimeno, riprende senza soluzione di continuità l’accesa discussione con moglie e parentado riunito per l’occasione.
Naturalmente non riguarda la suddetta ricorrenza, bensì un argomento ben più impellente, ovvero, cosa farne della cospicua eredità lasciata in dono dai compianti nonni.
“Sono stata buona”, dichiara con orgoglio la piccola, “lo sai, mamma?”
“Bene, Matilde…” le dice la donna, altrettanto presa dal conciliabolo, peraltro giunto ai preziosi immobili condivisi.


Per la cronaca, oltre ai genitori della bimba, gli interessati al prezioso lascito sono lo zio Saverio, single e impenitente quanto instancabile cacciatore di avventure all’est – rigorosamente sotto i venticinque – la ciarliera zia Marisa e quella salma del marito – segretamente ribattezzata tale dalla madre di Matilde – e il cugino Corrado, impegnatissimo ingegnere in trasferta dal nord, che nessuno vedeva da un pezzo, ma è un piacere essere qui, non è certo una questione di soldi, sue esatte parole.
“Ho fatto come ha detto la maestra e come dite sempre pure voi”, afferma la più piccola in scena.
“Cosa?” domanda senza neanche voltarsi il padre, del tutto concentrato sulla cognata, visto che Marisa ha appena comunicato che avrebbe considerato l’idea di andare ad abitare nella vecchia casa dei genitori. Scenario angosciante, considerando che perlomeno nei suoi sogni – dei quali si è guardato bene dall’informare la moglie – ha già investito la maggior parte della fetta che spetterà loro.
“Che bisogna aiutare i più deboli e i bisognosi”, risponde a tono Matilde, come se i suoi vecchi stiano davvero conversando con lei. “Che noi siamo fortunati ad avere una casa, da mangiare e da bere.”
“Certo che bisogna aiutarli”, approva sua madre con la testa da tutt’altra parte, prima di mettersi a cercare il pacchetto di sigarette nella borsa. Aveva smesso solo una settimana addietro, ma come fai a rimanere tranquilla e al contempo tener fede a tali fioretti, laddove ti ritrovi a decidere cosa fare dei risparmi di una vita, malgrado non sia stata la tua? E che lasci fare tutto a quel maniaco dello zio Saverio?
“Sei stata bravissima”, gli fa comunque eco il papà, altrettanto distante. “Bisogna aiutare tutti, quando si può.”
“Grazie!” si rallegra raggiante la figlia, con un chiarore di una purezza inaudita negli occhi, future basi fondanti dell’innamoramento di uno stuolo di pretendenti. “Sarà contento anche il bambino che ho portato a casa.”
Un silenzio cupo, e al contempo teso, cala nel soggiorno come la lama di una ghigliottina.
“Quale bambino, Matilde?” chiede con tono bonario il padre, sperando che si tratti dell’ennesima, fantasiosa fuga dalla realtà della figlia.
Ciò malgrado, l’attenzione è ora totale, con invisibile spot di luce sulla piccola.
“Il bambino rifugiato che ho conosciuto davanti alla chiesa. A scuola hanno detto che oggi è la loro giornata. Gli ho chiesto se aveva fame, lui non ha parlato, ma io ho capito che la risposta era sì. E allora l’ho invitato da noi.”
“Stava con te”, sibila il papà fissando torvo la moglie. “Come al solito ti sarai distratta con il cellulare…”
“Parli tu?” salta su la donna. “E quando la lasciasti al parco per andare a comprare la ricarica?”
“Calmatevi”, interviene la già introdotta salma, che a riprova del soprannome non parla mai, ma data l’importanza degli averi da spartire fa un’eccezione. “Scusate, vi sembra possibile che abbia portato qualcuno a casa senza che ve ne siate accorti?”
In quel momento si sente un rumore provenire dalla cucina.
Come di una posata che urti con eccessiva irruenza il piatto, fenomeno diffuso nel mondo a causa di due specifiche ragioni, goffaggine e fame.
Di scatto, l’intera famigliola balza in piedi e sotto gli occhi attenti di Matilde si reca trafelata all’ingresso della stanza incriminata.
La porta è chiusa e il papà si prende la responsabilità di far luce sul mistero.
Ecco, non vi dirò di più.
Sono persuaso che la storia sia tutta qui.
Che la vera differenza che conti davvero non sia tra un racconto dal tranquillizzante finale e uno monco.
Bensì tra la quantità esorbitante di parole e frasi che ogni giorno pronunciamo con il solo effetto di donarci a vicenda fuggevole sollievo e carezze all’aureola e quel che effettivamente facciamo con le nostre azioni.
E che possiamo ancora fare.


Compra il mio ultimo libro, Tramonto, la favola del figlio di Buio e Luce
Leggi anche il racconto della settimana: Il mondo attraverso gli occhi
Leggi altre storie sui rifugiati
Ascolta la mia canzone La libertà
Guarda un estratto del mio ultimo spettacolo Curami
  

Visita le pagine dedicate ai libri: