Storie di adolescenti: le scarpe nuove


“Stai ridendo?” domanda lei.
No, pare rispondere lui.
Sto ricordando.
Rammento i compagni di scuola, avevo tredici anni, che non sono ancora quattordici, ma ci vuol poco, sempre troppo per esser ritenuti adulti, mai abbastanza da venir considerati uno di loro.
Rammento le scarpe.
“Oggi usciamo insieme per acquistare quelle nuove, che sono di moda adesso, quelle che tutti indosseranno, quelle che tu non avrai mai”, sembrano esclamare all’unisono i più accorti ai preziosi simboli che separano le anime destinate al pubblico trionfo dalle trascurabili comparse dei banchi nelle retrovie.
“Corrado, sei dei nostri?”
Perché quel maledetto richiamo fa male ancora oggi?
Perché quella benedetta richiesta è un regalo solo adesso?
“Sì”, la bugia, “no”, la verità, in altre parole, “sì”, la menzogna ben peggiore, che è solo un no mascherato da assenza a causa della solita, inaspettata febbre alta del perdente di professione.
“Cos’hai?” la seconda domanda, ancor più intollerabile, a quei tempi, la sola meritevole di esser ricordata, ora.
Nulla, mamma, l’inevitabile spiegazione.
Poi, ecco che si manifesta la solerzia dell’adolescente spiantato: “A dir la verità, ci sarebbe qualcosa… mi presteresti i soldi per acquistare delle scarpe nuove?”
Eccoci, Corrado, questo è tutto ciò che avrai, penso rimirando le poche monete che quell’adorabile donna dai molteplici mestieri riesce a raccattare...

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