Notizie come favole a metà

Storie e Notizie N. 1639

C’era una volta.
Tutto inizia così, dalle favole alla nostra stessa vita.
Che nei primi giorni è meravigliosamente lenta, con le piccole mani e gli occhi resi ampi dalla curiosità per ogni cosa, incuranti del tempo che scorre, perlomeno finché non venga a bussare alla nostra porta esigendo una crescita anticipata.
Talvolta è un obbligo che sa di dolore e vuoti incolmabili. Altre ancora è soltanto la necessità di farti carico delle responsabilità che chi di dovere ti ha colpevolmente lasciato in eredità.
Nondimeno, dall’istante in cui venga sancito il tuo ufficiale ingresso nel mondo dei cosiddetti grandi, ecco che la fretta diviene padrona del tuo vivere.
Non c’è tempo, non c’è più tempo, non c’è mai, fino a convincerti che è stato sempre così, sin dall’inizio.
Ciò malgrado, in quanto adulto – sulla carta o meno - sei invitato formalmente a esser consapevole di quel che accade al di là del tuo naso.
E dove si informano gli adulti riguardo alle cose del mondo?
Una volta c’era solo il telegiornale, quale voce solista a narrare i cosiddetti fatti del giorno, insieme agli organi di stampa di carta vestiti.
Grazie all'avvento della rete, molto è cambiato. Soprattutto ha permesso che i cantori dell’attualità fossero molti di più, che provenissero dall’alto, ma anche dal basso, dai punti più estremi del pensiero e del percepire la realtà.
Che sia stato un bene, questo è indubbio, perché pluralità vuol dire ricchezza.
Quel che è rimasto identico, invece, in molti paesi occidentali e vecchi come il nostro, è il modo dei suddetti grandi di leggere le notizie.
S’è detto, più su, e non guasta ripeterlo.
Non c’è tempo e non c’è mai stato, a nostra memoria, e per colpa della fretta, giammai della nostra superficialità, ci faremo bastare solo quel poco che serva a dirci quel che vogliamo ascoltare.
Questo ci conduce, paradossalmente, a quando la storia ha avuto inizio.
C’era una volta.
Come nelle favole, per le quali da bambini si aveva tutto il tempo del mondo.
Solo che, da grandi, è come se ogni cosa si fermasse poco oltre l’occhiello e il titolo, con al massimo un rapido sguardo al sommario.
Un mare di articoli di notizie letti come brandelli di storie private della fondamentale trama, che negli ultimi vent’anni hanno formato e calcificato l’opinione pubblica di un’intera generazione.
Tuttavia, laddove ce l’immaginassimo, invece che come adulti, nelle vesti di distratti adolescenti cresciuti troppo velocemente, è come se ci si perdesse il meglio di ogni racconto.
Notizie come favole a metà.
Allora, figuratevi una tra le più celebri  tra queste ultime come i titoli di un quotidiano, che sia cartaceo piuttosto che digitale.




Cappuccetto Rosso diventerebbe Lupo mangia bambina e la nonna, puntando l’obiettivo sul feroce animale, ovvero Cacciatore uccide lupo e trova nella pancia due persone ancora vive, sfruttando il solito clickbait con il video che riprende l’incisione del ventre.
Leggi pure come la bestia immonda, ma per i più, il lupo cattivo.
Inevitabilmente, l'articolo sarebbe incentrato su quest’ultimo, e sul pericolo dovuto agli esemplari della sua specie. Perché, una volta sbattuto il solito mostro in prima pagina, in modo automatico tutti i lupi diventerebbero cattivi, soprattutto agli occhi dei più sbadati tra i lettori. Pochi si interesserebbero all’effettiva vicenda nel dettaglio. E le conseguenze della viralità del fatto nel suo particolare più appariscente – e meglio vendibile – le conosciamo già.
Per mesi, ma che dico, anni, a oltranza, giornalisti e opinionisti, conduttori tv e influencer, ma anche tronisti e vip, ovviamente politici o personaggi che ambiscono alla popolarità a qualsiasi prezzo, inizierebbero a dedicarsi quotidianamente al problema dei lupi cattivi nel nostro paese.
Nascerebbero pagine social come funghi a difesa delle bambine coraggiose, come delle pecorelle nostrane, alla stregua di polli e galline, minacciati dalla vile bestia feroce.

Al contempo, la vendita di fucili da caccia e la spinta a formare valorose ronde di bracconieri avrebbero un incremento esponenziale.
Per non parlare degli esperti nelle varie trasmissioni che si soffermeranno sulla natura melliflua e perfida di una creatura capace di spacciarsi per una povera vecchina malata pur di cibarsi di sua nipote.
Inutile aggiungere, che sarebbe solo questione di tempo, prima che qualcuno basasse quasi unicamente il programma del proprio partito intorno alla guerra contro i malefici lupi che infestano i nostri boschi.
Che peccato.
Che gran disgrazia, la fretta.
Che grave errore, non avere l’occasione di leggerla tutta fino in fondo, la favola.
Quante fondamentali domande potrebbe palesarsi, a nutrir l’intelletto e aprire la mente.
Per esempio, nel chiedersi perché la madre di una bimba così piccola, la quale dovrebbe essere consapevole dei rischi, decide invece di lasciarla andare da sola nel bosco.
Dove si trova il papà, quando serve, sarebbe il secondo ineludibile quesito.
Per poi interrogarsi su un aspetto di un’importanza cruciale: perché chiamiamo cattiva una creatura che, in quanto predatrice, non fa altro che soddisfare il suo naturale bisogno di cibo?
Fino a un’osservazione che ogni bambino, ancora al riparo dell’ansia dell’età, sarebbe capace di fare.
Nella favola si parla di un lupo, uno solo, né di un branco, e tantomeno di tutti i lupi del mondo.

Invece, non c’è tempo, non c’è più tempo, ed è colpa della fretta e sopratutto della nostra frivolezza, se abbiamo privato le favole e la narrazione dell’oggi della morale da cui trarre prezioso insegnamento.


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