Buon Natale o muori in silenzio

Storie e Notizie N. 1966

Un documento interno della Commissione europea che consigliava ai funzionari di utilizzare un linguaggio inclusivo come "stagione delle vacanze" piuttosto che Natale ed evitare termini come "creato dall'uomo" è stato ritirato dopo le proteste dei politici di destra, soprattutto italiani.

Avrei potuto scrivere di laicità in generale, ma vorrei invitare a riflettere sull’importanza del rispetto delle diversità da un’altra angolazione, più personale.

Cerco di farla breve, perché non amo particolarmente l’autoreferenzialità, ma oggi va così. Saranno gli antidolorifici per il dente del giudizio da cui ho appena divorziato o sono soltanto gli anni che passano. Vorrei dire che non ho avuto un’infanzia facile e chi mi conosce da molto vicino ne sa le ragioni. Per tanti anni il Natale non è stato un periodo lieto e, a dirla tutta, per largo tempo da bambino lo detestavo. Il motivo era semplice: ai miei occhi, quando arrivava dicembre e la città, le porte e le finestre delle case altrui, le strade e i negozi, anche la tv, ogni cosa urlava di festa e allegria in famiglia, io ero invidioso, ecco. Faceva male immaginare così tanta felicità oltre le pareti della mia camera da letto e non vedevo l’ora che finisse.

Cogli anni, per mia fortuna, le cose sono andate molto meglio, soprattutto da quando ho una famiglia tutta mia. Al contempo, da circa trent’anni, occupo parte del mio impegno lavorativo con il teatro nelle comunità per ex tossicodipendenti e i centri per minori e adolescenti con disagi di ogni tipo, affettivi, psichiatrici e quant’altro, e ciò ha altrettanto influito nel farmi considerare le cose del mondo con un occhio, come dire, più lucido. Lo consiglio sempre alle persone che vogliono farsi un’idea più chiara di come vanno le cose là fuori: cominciate con l’ascoltare le voci di coloro che se la passano peggio, iniziate sempre da lì. È dal punto più in basso che si costruisce ogni criterio di realtà che risulti solido e duraturo. Ebbene, in tanti anni ho condiviso il suddetto vissuto sulle gioiose feste natalizie con quasi la totalità delle persone che ho incontrato in quei luoghi, tra vigilie strafatti di chissà che cosa o a cercare di sfuggire a genitori altrettanto alterati o violenti, soli a farsi del male, ovvero a sperare che i propri cosiddetti cari stavolta te ne facciano di meno, ricoverati in qualche stanza d’ospedale dopo aver cercato di farla finita, oppure chiusi in camera o in bagno a riprovarci per l’ennesima volta.

Sapete cosa dice il corale racconto di costoro, nessuno escluso? In quei giorni non poter fare a meno di sapere che per il resto dei tuoi concittadini è invece il momento di scartare regali, ingozzarsi a tavola e sentirsi più buoni, non fa altro che peggiorare le cose. Per evitarlo dovresti andare in letargo e risvegliarti a gennaio, e in molti, da un certo punto di vista, è proprio questo che fanno. È come se ogni anno un Babbo Natale orrendo, dagli occhi diabolici e un ghigno ferino, venisse la notte del venticinque nella tua stanza e infilasse il suo ditone nelle tue ferite e ti ricordasse ciò che non hai e non avrai più, non così, non nelle vesti di un bambino che si svegli al mattino e tutto contento corra sotto l’albero per vedere se i desideri della letterina sono stati esauditi. Perché non c’è alcun albero in quella stanza e la letterina, be’, che la scrivi a fare se sai perfettamente che chi di dovere, o segretamente ne fa le veci, non se ne farà carico?

Questo per dire che l’inclusività è un valore assoluto, riguarda tutto e tutti, non soltanto le radici cristiane e l’identità culturale di cui straparlano alcuni.

Come dicevo poc’anzi, se all’esterno del tradizionale quadretto rimangono fuori le persone più fragili e vulnerabili, stiamo sbagliando clamorosamente tutto. Trattandosi del santo Natale, poi, la contraddizione diviene a dir poco fenomenale…

Dal canto mio, ciò che ha deciso in modo definitivo da che parte avrei voluto/dovuto stare su questo pianeta è stato rendermi conto che gli esclusi dal cenone dei benestanti luoghi comuni rappresentano la maggior parte della popolazione mondiale.

Che riguardi le linee guida dell’Unione Europea, il linguaggio e ogni singola parola da utilizzare, così come qualsiasi azione che in qualche modo rappresenti o sia rivolta all’intera popolazione, c’è solo una radice e un’identità inviolabile: quella umana. Il resto conta poco e chi sa cosa voglia dire non avere nulla al mondo può capirlo perfettamente. Così come è altrettanto difficile per chi da per scontato il troppo o il molto...

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