I rischi del nucleare per i molti sono vantaggi per pochi
Storie e Notizie N. 1958
Avevo diciannove anni quando per la prima volta fui chiamato a esprimermi sul nucleare, come dire, in modo ufficiale, ecco. Ovvero, nella maniera in cui ogni cittadino di una nazione democratica può incidere direttamente sulla direzione che il paese intende prendere in termini di presente e soprattutto futuro. Mi riferisco in particolare al terzo e il quarto quesito del referendum abrogativo del 1987, i quali, avendo ottenuto il favore della maggioranza, hanno imposto una seppur temporanea battuta d’arresto ai fan dell’atomo in Italia.
Si disse che il punto di forza dei radicali, tra i promotori del referendum, fu la comprensibile agitazione della popolazione di fronte al disastro di Chernobyl dell’anno precedente.
Ripeto e sottolineo, agitazione più che mai comprensibile. La paura può risultare una forma di intelligenza, quando e quanto la sua ragion d’essere risulti concreta. Tutto il contrario nella situazione opposta, vedi la fobia verso i migranti e ogni altro immaginario pericolo creato a tavolino.
Ora, molti sanno che il primissimo a considerare gli atomi come fonti energetiche fu Albert Einstein all’inizio del ‘900, ma colui che iniziò a dar forma tangibile a tale scoperta è stato proprio un nostro concittadino. Sto parlando ovviamente di Enrico Fermi, che presentò il suo modello di reattore negli USA nel dicembre del ‘42.
Nulla è accidentale nell’universo, tranne l’universo stesso, afferma la scrittrice Joyce Carol Oates. Tuttavia, credo che qualora si parli dell’umanità come specie, giammai come singoli individui, unici e imprevedibili, sono incline a pensare che ci sia poco di casuale nel nostro comune cammino.
Per esempio, non penso sia un caso se sin dal suo avvento, per quanto possa essere stata negli anni descritta, raccontata e venduta come un prodotto estremamente pulito e assai utile, addirittura indispensabile, la storia dell’energia nucleare per usi civili non possa essere separata da quella per fini bellici, così come dal drammatico racconto parallelo dei vari incidenti nelle centrali sino a oggi.
Difatti, solo tre anni dopo l’annuncio di Fermi gli americani diedero prova al mondo dell’efficacia dell’arma atomica con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki.
Non è stato un caso neppure questo.
Altra occasione per ribadire la mia posizione – ovviamente avevo votato sì nel 1987 – capitò nel giugno del 2011, anno peraltro del disastro di Fukushima. Di anni ne avevo quarantatré e questo sito era già da un po’ che navigava. A capo del governo c’era Silvio Berlusconi, ancora per poco, e senza sorpresa si dichiarò favorevole al nucleare. “È l’energia del futuro”, disse il cavaliere ad aprile di quell’anno. In altre parole, a confermare che nulla è accidentale nell’universo umano, tranne gli accidenti stessi, potremmo aggiungere. Sì, perché laddove si abbia la premura di andarsi a rivedere il lungo elenco di incidenti per ogni singolo paese o anche quelli dovuti a radiazioni nel mondo, sin dalla prima centrale del dicembre del ‘51, non ci si può non domandare come si possa insistere nel sostenere che la produzione di energia nucleare sia sicura e pulita.
Ora, anche questo non credo sia un caso. Sto parlando del tempismo con il quale Matteo Salvini ha pensato bene, ma si legge male, di accodarsi al leader transalpino sul tema in oggetto: “Per garantire l’indipendenza energetica della Francia e raggiungere i nostri obiettivi, in particolare la neutralità carbonica nel 2050, rilanceremo per la prima volta da decenni la costruzione di reattori nucleari”, ha dichiarato martedì il presidente Macron. “Le pale eoliche deturpano il paesaggio” e “i pannelli solari ci fanno mangiare chilometri di terreni agricoli”, ha detto Salvini il giorno successivo cercando di argomentare il suo sogno atomico.
Ecco, da quando avevo diciannove anni a oggi di acqua ne è passata sotto i ponti, nella mia vita come in quella di questo paese, e per tale ragione credo che la discussione, dopo tutto quello che è accaduto nel mondo dal ‘51 a oggi, non sia semplicemente tra i pro e i contro dell’industria nucleare.
La mia sarà forse una provocazione, ma tenendo conto di chi siano gli attori che in ogni epoca ci riprovano con questa storiella dell’indipendenza energetica e della sicurezza comprovata, inizio a pensare che il vero motivo che li spinge ogni volta a rifarsi vivi è che i rischi e ogni sgradevole conseguenza del nucleare per loro e i loro amici non sono tali. Tutt’altro. Sono dei vantaggi, a medio e lungo termine.
Pare assurdo? Ripeto, la si prenda come una provocazione, ma riflettiamoci insieme seguendo il sempre attuale motto latino cui prodest:
Le scorie generate dai reattori nucleari rimangono radioattive da decine a centinaia di migliaia di anni? Non esistono soluzioni di stoccaggio a tempo indefinito per i rifiuti radioattivi e la maggior parte è conservata in strutture temporanee in superficie? Le strutture attuali stanno esaurendo lo spazio di deposito, quindi l'industria nucleare si sta rivolgendo ad altri tipi di immagazzinamento che sono più costosi e potenzialmente meno sicuri? È da ciò che nasce l’industria dello stoccaggio, che campa a spese dei cittadini e comporta grandi guadagni per pochi.
Lo sviluppo di programmi per l'energia nucleare aumenta la probabilità di proliferazione delle armi nucleari? Man mano che il combustibile e le tecnologie nucleari diventano disponibili a livello globale, il pericolo che cadano nelle mani sbagliate è sempre più presente? La fabbrica degli armamenti non può che giovarne e per quanto riguarda le mani sbagliate, be’, la guerra, perfino quella definitiva – o la paura di quest’ultima – è un affare colossale. Per pochi, sempre per pochi.
Le centrali nucleari sono un potenziale obiettivo per le operazioni terroristiche? Un attacco potrebbe causare gravi esplosioni, mettendo a rischio i centri abitati, nonché espellendo materiale radioattivo pericoloso nell'atmosfera e nella regione circostante? Ed ecco che a trarne profitto è la multinazionale dell’antiterrorismo, tra venditori d’armi, ancora loro, coalizioni e organizzazioni nazionaliste e guerrafondaie, costruttori di muri e confini, così via odiando.
L'errore umano e le catastrofi naturali possono portare a incidenti pericolosi e costosi? Credete forse che non ci sia qualcuno che, senza tirar fuori fantomatiche quanto ottuse teorie del complotto, lucra su tali eventi disastrosi? Consiglio di vedere il capitolo sull’undici settembre e i ricavi dei broker della borsa americana nel lodevole film The Corporation.
Percorrere la strada del nucleare comporta per i paesi poveri, i quali non hanno le risorse finanziarie per investire e sviluppare l'energia nucleare, il divenire ulteriormente dipendenti da nazioni ricche e tecnologicamente avanzate? C’è bisogno che indichi chi ci guadagna da tale moderna forma di accanimento neo o post coloniale che dir si voglia?
Infine, alla luce di quanto letto sin qui, vi sembra ancora casuale che sia allora che oggi siano individui come Berlusconi e Salvini a volerci spingere tra le braccia del nucleare?
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