Quando l’affamato nutre il moribondo

Storie e Notizie N. 2031

Che volete farci, è più forte di me. Quando leggo o ascolto un’affermazione che mi colpisce in modo particolare avverto l’estrema necessità di immaginarmi la scena. Ovvero di vederla, addirittura riviverla come se fossimo al cinema o a teatro -  che per me sono ancora oggi una sorta di magia – o ancora meglio per i miei gusti, rileggerla come una storia.
Allora, mi sforzo di mettere insieme i vari pezzi, quelli collegati direttamente alla scena in questione, vedi in questo caso l’invasione russa dell’Ucraina, ma anche indirettamente, tipo la recente pubblicazione di un libro che spiega nel dettaglio come la Cina – alla stregua degli USA, la stessa Russia, ma anche la Francia e il Regno Unito - finanzino progetti soprattutto nei paesi in via di sviluppo in Asia e in Africa, avvantaggiando in modo sproporzionato i gruppi politici dei presidenti o dei premier in carica. Con il risultato di aumentare la corruzione e l’instabilità nelle nazioni che ricevono i fondi, rendendole ulteriormente dipendenti dai presunti generosi sfruttatori… ops, volevo dire sovvenzionatori.
Ma veniamo alla scena in questione.
Immaginate una madre con un bambino.
Una donna smagrita e stremata da inenarrabili, disumane prove che nessun essere vivente dovrebbe affrontare, figuriamoci colei che doni vita alla vita.
Il piccolo è altrettanto emaciato ed esausto. Sfinito da una stanchezza che in un’esistenza così breve non si dovrebbe neppure immaginare.
Ciò malgrado oggi – ma che dico – ora, questo preciso istante è uno di quelli buoni. Anzi, potremmo anche chiamarlo l'attimo meraviglioso, perché è il momento in cui il nostro sta per compiere un gesto che sulle coste degli abitanti nati con la tavola apparecchiata, più che la camicia, è roba ordinaria come l’acqua del rubinetto e le molle del materasso.
Si dà il caso che la scodellina sia magicamente quasi piena e sebbene per pochi secondi la madre avrà la sensazione di poter fare il suo mestiere preferito. Quello essenziale, la ragione della prima gioia e la speranza che ogni sacrificio costruirà orizzonti  rigorosamente al plurale per l’amato prediletto.
Ella, innanzi agli occhi improvvisamente ravvivati del bimbo, afferra il cucchiaio con la mano libera e lo riempie con la più minuscola delle porzioni. Certe volte si dice che lo fa per far durare tale impagabile rito il più a lungo possibile, invece che permettere al fragile stomaco del figlio di digerire senza ulteriori danni la preziosa grazia che alcuni chiamano in modo riduttivo semplicemente cibo.
Nondimeno, l’incanto tutt’altro che scontato per entrambi viene infranto da una voce fuori dal mondo, più che campo: “Mi dispiace, madre, ma devi darmi quel piatto e ciò che contiene.”
Perché?” fa lei con le labbra tremanti, così come ogni cellula del suo corpo, terrorizzata al solo pensiero di deludere in tal modo il suo bambino dopo averlo illuso che al posto di aria malsana, polvere e mosche stavolta avrebbe mandato giù qualcosa di buono, qualcosa di utile, qualcosa di giusto. “Mio figlio ha fame...”
La risposta è letteralmente ispirata dall’affermazione di cui sopra, rilasciata di recente dal capo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, David Beasley, riguardo alle condizioni in cui si trovano quasi cinquanta milioni di persone in ben 43 paesi colpiti dalla carestia, e che ora sono ulteriormente a rischio a causa della mancanza di grano per colpa del blocco dei porti in Ucraina: “Perché ho bisogno del cibo dei bambini affamati per darlo a quelli che di fame stanno per morire…
Ecco fatto, tutto qui. Ho trovato scioccanti tali parole e spero che immaginare la vita che si cela dietro di esse vi abbia aiutato come al sottoscritto a capire meglio quanto sia folle, assurda e crudele la società globale che abbiamo costruito in questi anni.
Dobbiamo vedere le cose sino in fondo, credo, perché non riesco a immaginare altro modo per far sì che la maggior parte di noi si convinca che una diversa idea di mondo non solo è possibile, è indispensabile...

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