La fiaba della cittadinanza in Italia
Storie e Notizie N. 2044
Ricordare le ostilità che ha incontrato la proposta di legge sullo Ius Soli, osservare quelle che attendono lo Ius Scholae e, soprattutto, considerare quanto sia difficile ottenere la cittadinanza nel nostro paese rispetto alle altre nazioni Europee, mi ha dato l’ispirazione per la seguente storia:
C’era una volta una coppia.
Una coppia di persone, d’accordo? Insomma, due esseri umani come tanti, peraltro innamorati l’uno dell’altra e viceversa. Che volete farci, mi piace iniziare così le storie di fantasia, con una nota di semplice verità.
I nostri erano alla disperata ricerca di un popolo, una terra e possibilmente una casa da offrire al proprio unico figlio.
La donna era oramai quasi giunta al termine della gravidanza e il marito non sapeva più che pesci pigliare. Un bel giorno sentì parlare di una magica foresta in cui regnava una maga, la quale era a guardia di misteriose porte, attraversate le quali si potevano ottenere i suddetti preziosi doni: un popolo, una terra e, hai visto mai, pure una casa.
L’uomo riuscì a convincere la moglie, all’inizio piuttosto scettica, ma i giorni che la separavano dal fatidico istante del parto erano sempre di meno, e per il bene del nascituro acconsentì a partire.
Ebbene, dopo aver messo piede nella foresta e aver camminato a lungo, la maga comparve innanzi ai nostri.
«Salve a voi, stranieri» disse una dama austera, in là cogli anni, ma ancora di bell’aspetto. «Io sono Europa, perché siete venuti nel mio regno?»
«Siamo qui perché cerchiamo un popolo a cui unirci, una terra in cui vivere e, se ci dice bene, pure una casa in cui far vivere nostro figlio.»
«Nient’altro?» fece la maga.
«Scherzo…» aggiunse subito dopo aver dato un’occhiata al pancione della futura mamma. «Quanto ti manca, sorella?»
«Poco, credo» rispose quest’ultima, leggermente sofferente per il cammino.
«Bene, voi siete alla ricerca di uno dei più ambiti tesori di questi strani tempi: la cittadinanza. Non perdiamo altro tempo, allora.» Quindi fece roteare la bacchetta magica e di fronte ai nostri comparvero delle porte chiuse, tutte uguali ma ciascuna con una targa con una scritta all’interno.
«Ma sono delle porte!» esclamò l’uomo.
«Cavolo, ma sei un genio? Ho capito chi ha il cervello che funziona in famiglia. Parlo con tua moglie, va’: ascoltami, donna, la prima porta conduce in una terra che si chiama Francia. Voi altri, per ottenere il suddetto tesoro, dovrete riuscire nell’impresa di restarvi regolarmente per almeno cinque anni, ma al vostro fanciullo sarà sufficiente venire alla luce una volta oltrepassata la soglia.»
«Ottimo, la prendiamo!» urlò il prossimo papà.
«Frena, tigre… devo elencare le altre porte, lo dice il manuale. E poi altrimenti la storia finisce subito e io che ci sto a fare qui?»
«Scusi, dottoressa.»
«Sì, certo… ti dicevo, donna, la porta accanto conduce in Germania. Se uno tra voi sarà in grado di restarvi abitualmente e legalmente per almeno otto anni, avrà l’agognata cittadinanza e altrettanto sarà per vostro figlio.»
«Sarebbe meglio la Francia, allora» osservò l’uomo. «Però si può fare, otto anni passano presto se ci si diverte, vero cara?.»
«Aspirante madre, perdonami...» disse la maga rivolgendosi alla moglie. «Ma la persona che ti accompagna è davvero tuo marito? Se ti ha rapita, non aver paura, basta che me lo fai capire anche con una strizzatina d’occhio e ci penso io.»
«È mio marito, purtroppo. È solo un uomo...»
«Capisco» fece la maga sospirando, mentre l’interessato spostava lo sguardo dall’una all’altra con un’espressione perplessa. «Procediamo, quindi, e vi pregherei di non interrompermi, per favore, così finiamo prima, che devo vedere l’ultima stagione di C’era una volta. Allora, di seguito abbiamo la porta che conduce nella terra chiamata Regno Unito – anche se ultimamente è tutto tranne tale. Da quelle parti vi sarà sufficiente risiedervi per minimo cinque anni ininterrotti, ma vostro figlio potrà ottenere l’ambita cittadinanza dopo tre. Superata la porta che conduce in Spagna, invece, a vostro figlio basterà venire al mondo, mentre per voi occorrono dieci anni, cinque se siete rifugiati. Lo siete?»
«Il nostro popolo originario è in guerra con se stesso, la terra da dove proveniamo è oramai arida come il deserto e la casa, se così possiamo chiamarla, è stata abbattuta dalle bombe» rispose la donna. «Ci rientriamo?»
«Mi ero fermata alla parola guerra. Comunque, la porta subito appresso conduce nella terra detta Grecia, dove il caro fanciullo deve solo farci la grazia di nascere, ecco, a condizione che almeno uno tra voi vi resti sette anni, che diventano tre se siete rifugiati. E voi lo siete.»
Nel tempo che seguì la maga illustrò le differenti regole per ogni uscio, mentre i nostri ascoltavano con grande attenzione. Tuttavia, una volta terminato l’elenco, entrambi notarono una porta distante dalle altre, posta sulla sommità di una collina, come se avesse qualcosa di speciale rispetto alle precedenti.
«Ecco fatto, a voi la scelta» concluse intanto la maga.
«Mi scusi, signora Europa» fece il marito. «Ma forse si è scordata quella porta lassù. Quindi si avvicinò e lesse la scritta nella targa. «Qui dice Italia…»
All’improvviso si udirono fragorosi tuoni, il cielo che si intravedeva oltre gli alberi divenne immediatamente scuro e i lampi si sprecarono.
«Silenzio, stupido mortale!» urlò la maga. «Noi non pronunciamo il suo nome.»
«Chi, Italia?»
«Zitto, ho detto, altrimenti rendo vedova la tua consorte ancor prima che nasca vostro figlio.»
«Perché non possiamo parlare di quella porta?» domandò a bassa voce la moglie dell’uomo.
La maga assunse un’espressione lugubre quanto seria, e poi così rispose: «Perché conduce in un posto dove ottenere la cittadinanza è un’impresa titanica! Al confronto vincere ogni gara di Hunger Games, il Torneo Tremaghi e le dodici fatiche di Ercole tutte assieme è una bazzecola. Qualcuno ci sta provando a cambiare le regole e a renderle più umane, ma è più semplice attraversare la terra di Mordor per salire sul Monte Fato e liberarsi del famoso anello e di tutti i gioielli magici mai esistiti. E ho detto tutto.»
«Ma perché?» insistette la donna. «Cos’ha di speciale la cittadinanza di quel luogo rispetto alle altre?»
«Niente, amica mia. Tutt’altro, se proprio devo essere onesta… ma è proprio questo il mistero che l’avvolge. È solo che gli abitanti si sono convinti di vivere nella terra più bella tra tutte perché secondo loro hanno il cibo migliore e il clima più gradevole, e forse è anche vero. Ma hanno dimenticato la cosa più importante.»
«Quale?» domandarono in coro i due stranieri, a breve in tre.
«Che ciò che ciascun essere umano desidera per se stesso e per i propri figli non riguarda il cibo o il clima, ma che il popolo di cui si è parte si dimostri giusto, onesto e accogliente, che la terra resti sana e pulita, e – con tutte le speranze – che la casa si conservi solida, calda di inverno e non ti crolli sulla testa.»
Perché questo e solo questo, da che mondo è mondo, è il dono della cittadinanza.
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