La barzelletta della Cop27

Storie e Notizie N. 2077

La sai l’ultima? Dai, quella sulla ventisettesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Su, è vecchia, la sanno tutti. È tale perché si ripete ogni volta quasi con le medesime premesse e con il finale che peggiora di anno in anno.
Forse non la ricordi perché non fa così ridere, tutt’altro. So bene che le barzellette dovrebbero alleggerire il cuore, invece che il contrario, me ne rendo conto, ma qualcuno la deve pur raccontare questa cosa, altrimenti sembra tutto serio e importante, che andrà tutto bene, come abbiamo ripetuto in questi anni, solo che in questo caso alla fine neanche la facezia più divertente del mondo riuscirà a distrarci.
Va be’, te la dico, tanto è breve: ci sono un inglese e un congolese, okay? Il primo contribuisce alla diffusione di anidride carbonica nell’atmosfera, con tutto quel che comporta in fatto di surriscaldamento della terra e dei suddetti cambiamenti climatici, in misura 200 volte superiore al secondo. Non arriva alle 585 volte dell’americano, ma è sempre infinitamente tanto rispetto all’africano e alla maggior parte degli abitanti dei paesi a medio e basso reddito nel mondo.
Allora il congolese pensa: pure io intendo produrre altrettanta CO2! Perché in quel caso vuol dire che anch’io possiederò le cose che ha lui, a cominciare dall’auto gigantesca, la cui grandezza deve necessariamente essere inversamente proporzionale al cervello di chi la guida.
Così il congolese si guarda attorno e capisce che la presunta soluzione ai suoi problemi si trova innanzi ai suoi occhi: il bacino del Congo, ovvero la grande foresta pluviale, l’ultima sulla terra capace di assorbire più carbonio di quanto ne rilasci, seconda solo all’Amazzonia. Ma lì c’è il gas e il petrolio, pensa l’africano gongolando e sfregandosi le mani, immaginandosi già al volante di una di quelle enormi casse da morto con le ruote a sfrecciare tra le vie di Kinshasa.
A sua volta, quando viene a sapere delle intenzioni dell’altro, l’inglese - spalleggiato dagli europei e perfino dagli americani - protesta e cerca di impedire al congolese di realizzare i suoi sogni, ma tu leggi pure come l’incubo di tutti, a ogni latitudine di questo povero pianeta.
Inoltre, improvvisamente il leale suddito di sua Maestà si ricorda di essere un amante dell’ambiente e nemico dei cambiamenti climatici. Perché insistere nel traforare impunemente la terra succhiandone via la vita e il futuro che ci resta è sbagliato.
Allora il congolese di tutta risposta si arrabbia e gli dà dell’ipocrita, mentre l’altro fa l’indiano, più o meno letteralmente.
Difatti, malgrado avesse dichiarato di considerare prioritari i temi ecologici, l’inglese non solo fa sapere che non sarà presente alla Conferenza di cui sopra, ma che non permetterà al nuovo Re di intervenire in sua vece.
Sì, lo so, c’è poco da stare allegri ed è una di quelle storielle, come si dice, dal finale scontato. Ma pure tu, dico io, organizzi un incontro di tali proporzioni, con in ballo letteralmente il destino di un’intera specie, in una nazione che è in realtà un regime che sbatte in cella gli attivisti per i diritti umani e bandisce le ricerche. Il tutto per mettere su un’assemblea istituita per parlarsi e ascoltarsi dove il punto di vista di chi dissente viene nei fatti trasformato in una sorta di voce nel deserto, mentre coloro i quali faticano ogni giorno realmente sul campo a sporcarsi le mani e il cuore, si legga come le tanto vituperate ONG, troveranno all’entrata la scritta di solito riservata ai cani e a chi conosce le magagne sotto il tappeto: io resto fuori.
Sai qual è l’amara verità? Che qualcuno davvero se la ride, tra una sessione e l’altra, e un salto al ricco buffet della sala congressi. E se nessuno di noi riuscirà una buona volta a togliergli quel sorriso dalla faccia, ci penserà la terra stessa e, perdonami, sarò ingenuo e testardo ma non mi va proprio giù che paghino miliardi di esseri umani per le stronzate di pochi...

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