Il razzismo fa male alla salute

Storie e Notizie N. 2094

Col passare degli anni, dal mondo virtuale del web a quello reale della vita quotidiana, un dialogo effettivo, fatto di comunicazione chiara e tranquilla e ascolto attento e completo, diventa sempre più una sfida a dir poco ardua.
Le ragioni sono tante, dal pregiudizio di conferma delle proprie convinzioni alla piaga della puntuale polarizzazione del discorso, con l’inevitabile perdita di vista dei fatti a discapito di incaponite e ulteriormente impoverite opinioni.
L’aspetto che mi lascia maggiormente inquieto è che a costo di riuscire a ottenere quel consenso in più per poter indossare l’abito del trionfatore in questa guerra - che invece non prevede vittoria alcuna -, che sia durante un acceso dibattito in tv, su un social network o in una contesa elettorale, vanno bene qualsiasi commento pur che sia a sostegno, nonché like approvanti e voti a favore da chiunque, perfino da chi dimostri di non aver compreso una virgola di ciò di cui si sta parlando.
Eppure, sin da quando ho iniziato a scavare nella pagina bianca alla ricerca di storie, con la viva speranza che potessero risultare degne di essere raccontate, ho sempre pensato che riuscire a renderle il più chiare e comprensibili al maggior numero di persone sia un requisito fondamentale. Per questo ho sempre ricercato quelle che chiamo le parole per dirlo e per dirle a tutte e tutti, giacché resto convinto che alla fine della fiera comunicare soltanto con chi già la pensa come noi non sia poi così utile.
Poi però mi trovo davanti un articolo come quello che ho letto poc’anzi, il quale riguarda un rapporto pubblicato sull’autorevole rivista The Lancet in una approfondita quanto interessante serie che ha come argomento razzismo, xenofobia, discriminazione e salute. E allora mi domando: come far arrivare tutto ciò a un interlocutore immaginario e generico, nonché razzista e xenofobo, ma non del tutto irrecuperabile?
Proviamoci:
“Sai, c’è questa ricerca di un’importante rivista che si chiama The Lancet, che in inglese vuol dire lancetta o bisturi, ma dovrebbe essere quest’ultima la traduzione esatta, perché è una delle cinque principali riviste mediche internazionali al mondo.”
“Non la conosco.”
“Neppure io così bene, eh? Mica sono un abbonato! A dire il vero non l’ho mai acquistata, anche se a mia discolpa non sono un medico, ecco. Però ho letto un articolo su una loro ricerca e te ne volevo parlare.”
“Una ricerca su cosa?”
“Razzismo, xenofobia e discriminazione in relazione alla salute.”
“Non mi interessa. Sarà la solita roba della sinistra immigrazionista.”
In questo caso si consiglia di esitare, prendere fiato, contare fino a dieci, cercare le parole più adatte allo scopo – che non è convincere qualcuno, ripeto, solo dialogarci – e dire: “Non lo so, ma vorresti per favore almeno ascoltare di cosa si tratta?”
“Va be’, sbrigati che non ho tempo da perdere” potrebbe rispondere in uno scenario, come dire, particolarmente ottimista.
Cogliamo l’occasione e, sforzandoci di essere chiari e concisi, illustriamo la questione: “Secondo la nota rivista il razzismo, la xenofobia e la discriminazione esistono in ogni società moderna, causando malattie evitabili e morte prematura tra persone spesso già svantaggiate in partenza. La ricerca spiega come i nostri stili di vita nella Storia, i governi e le istituzioni che esercitano potere e oppressione e le ideologie discriminatorie abbiano plasmato la politica e il nostro modo di vivere attuale, diventando le cause profonde delle disuguaglianze nelle condizioni di salute tra persone di differenti origini ed etnie.”
“Quindi dice che il razzismo fa male alla salute? Questa mi mancava.”
“Aspetta, fammi finire, che si divide in quattro parti.”
“See... mica ho tutto questo tempo. Io lavoro, mica come voi altri comunisti con il Rolex che non fate un cazzo dalla mattina alla sera.”
Anche in questo caso è preferibile mordersi la lingua, pazientare, rammentare cosa avete appreso in quegli incontri sulla meditazione Zen e insistere con moderata delicatezza: “Certo, capisco, ma ti rubo solo un altro secondo, dài, fallo per me.”
Mettiamo che la perseveranza venga premiata e sforziamoci di sintetizzare e semplificare al massimo: “La prima parte spiega come in molti paesi del mondo, soprattutto dove hanno governato o governano leader populisti, i quali hanno sfruttato e alimentato il razzismo e la xenofobia per andare al potere, il sistema della sanità abbia inevitabilmente operato forme di discriminazione istituzionale a scapito delle frange etnicamente minoritarie e legalmente non tutelate. La seconda denuncia il gravissimo fatto che nonostante siano globalmente dannosi, il razzismo, la xenofobia e la discriminazione non sono
universalmente riconosciuti come cause di problemi di salute. La terza dimostra come tali piaghe della società non riguardino solo l’identità delle persone o strettamente l’ambito sanitario, ma siano qualcosa di strutturato e con radici profonde, tale da estendersi in tutti gli strati della società. La quarta e conclusiva parte invita tutti quanti noi a sviluppare un’azione antirazzista allargata a ogni campo del vivere e, avvalendosi di qualsiasi strumento legale e civile per individuare le cause più profonde di tutto questo, intervenire a ogni livello per contrastare tale fenomeno. Per far ciò, gli autori della ricerca tra le altre cose suggeriscono giustappunto di costruire spazi e occasioni di confronto e dialogo, con la convinzione che il cambiamento passi soprattutto attraverso lo scambio di idee.”
Okay, diciamola tutta, a questo punto è assai probabile che il nostro amico si sia dileguato, se non annoiato, e da un lato lo capisco pure. Troppe parole, ci devo lavorare meglio. D’altra parte, la sintesi e la semplificazione trovano campo assai difficile quando i problemi da affrontare sono così complessi e soprattutto sono parte integrante della nostra società. Perché ciò che The Lancet ci sta dicendo, più di ogni altra cosa, è che il razzismo, la xenofobia e la discriminazione non sono argomenti di cui parlare soltanto con il tizio di cui sopra, ma riguardano noi tutti. Nessuno si senta escluso, come si suol dire. E be’, questo è un altro enorme problema, a mio modesto parere...

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