La Compagnia del Cartello

Storie e Notizie N. 2103

Sì, lo so, il titolo pare una parodia del primo volume del capolavoro di Tolkien, invece qui non c’è proprio nulla di satirico o divertente.
È storia tragica e vecchia, che si ripete ovunque a ogni latitudine, e a pagarne le spese sono sempre gli stessi. I più coraggiosi, ovvero gli individui dalla coscienza netta e dalla volontà ferrea, aggettivo quanto mai calzante in questo caso.
Un personaggio di un romanzo che adesso non ricordo, ma rammento le parole, un uomo della medesima pasta di cui sopra, afferma che per quelli come lui la cosa più difficile non è capire quale sia la strada più giusta e onesta da prendere, ma non farlo sapendolo.
Nel dettaglio della storia di oggi, voliamo in Messico, nello stato di Michoacán, nella municipalità chiamata Aquila, la quale porta il nome dell’omonimo capoluogo.
Da sempre l’aquila è l’elemento centrale dello stemma della nazione messicana. Quello attuale, con il rapace che con una zampa si erge su un cactus e con l’altra tiene stretto un serpente, pare rappresenti il trionfo del bene sul male.
D’altra parte, l’aquila è anche l’animale simbolo di una classe di guerrieri Aztechi, i quali si distinguevano per essere i più impavidi e capaci di prevalere sul maggior numero di nemici.
Be’, i due protagonisti di questa cruda vicenda – come da premessa – di ardimento e avversari ne hanno in quantità industriali, e anche quest’ultimo aggettivo non è affatto casuale. Ma ci arrivo tra un secondo. Lasciamo spazio a loro, il più vecchio e il più giovane, eroi della comunità indigena locale, forse la più coesa e coerente idea di comunità immaginabile a questo mondo: Antonio Diaz Valencia, il leader, e Ricardo Lagunes, l’avvocato. E anche così non la diremmo tutta. Perché da queste parti, come nel resto del mondo occidentale, qualora ci ritroviamo a leggere o ascoltare tali definizioni ci viene in mente ben altro che non ha nulla a che fare con i nostri.
Da noi i leader sono le persone famose e con grande potere nelle mani, mentre gli avvocati sono quasi sempre ricchi e altrettanto influenti, soprattutto allorché giungano sulle prime pagine dei quotidiani.
La differenza è che nel caso di Antonio e Ricardo occorre aggiungere il fondamentale seguito: “dei diritti umani”.
Qualora quest'ultima rappresenti la caratteristica principale del cammino dell’avvocato e del leader, così come quello del politico e del cronista, o di chiunque altro sia impegnato in quella che è una missione, più che una professione, soprattutto in luoghi dove il rischio dovuto a tale accostamento è mortale, spesso si meritano le luci più brillanti della cronaca nell’istante peggiore della propria vicenda, ovvero quando l’incubo diventa realtà.
Ciò malgrado, nelle zone del mondo dove da tempo immemore è la realtà a essere un incubo per molti, lo stupore è fuori luogo e dovrebbe lasciar spazio all’indignazione e alla partecipazione. E, ripeto, trattasi di situazione comune a ogni latitudine, anche qui da noi.
Nondimeno, osserviamo pure ciò che la trama in apparenza lontana ci mostra per riflettere e trarre le debite conclusioni che ci riguardano più o meno da vicino.
Per la cronaca, il leader e l’avvocato della comunità indigena di Aquila, entrambi attivisti dell'ambiente, sono attualmente dati per dispersi dalla scorsa domenica dopo aver presenziato a una protesta anti mineraria nei confronti della multinazionale Ternium.
Alcuni testimoni sostengono che sono stati minacciati e poi inseguiti da mezzi con uomini armati. Il loro camioncino è stato ritrovato più tardi sul ciglio della strada crivellato di colpi e anche se non sono state rinvenute tracce di sangue o altro, ciò non fa presagire nulla di buono.
Difatti, i parenti dei due non hanno dubbi e puntano il dito proprio contro la nota azienda mineraria, a loro avviso collusa con i cartelli criminali della zona.
Di tutta risposta, come è prassi, sono arrivate null’altro che parole, il cui peso però può essere valutato da chiunque. Difatti, senza sorpresa, un portavoce della mega compagnia ha espresso la solidarietà di quest’ultima alle famiglie e ha negato ogni coinvolgimento nell’eventuale ed ennesimo efferato crimine. Dai cartelli, ovviamente, non arrivano conferme e neppure smentite. Nondimeno, qualora si desideri lasciar perdere le dichiarazioni più o meno formali, può risultare utile recuperare il resto del racconto che conta, quello scritto dai fatti e narrato dai veri protagonisti sin dai tempi meno sospetti, dal quale risulta davvero difficile uscirne credendo che tra coloro che, seppur con approcci e stile differenti, fianco a fianco saccheggiano la terra e l’anima dei suoi abitanti non ci sia neppure il minimo tacito accordo...
Nel frattempo, le comunità indigene del Messico e del resto del mondo non si arrendono e teneramente combattono, e come l’aquila dello stemma resistono immobili sullo scudo a sopportare i morsi del serpente e le spine del cactus.
Ovvero, dei cartelli criminali e dei signori incravattati.

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