La tradizione di uccidere
Storie e Notizie N. 2104
C’era una volta la tradizione di uccidere.
Ma potremmo pure chiamarla il vizio, l’ossessione, o anche la follia, a seconda di quanta umanità ci resti in corpo.
O magari dovremmo iniziare ad abituarci all’idea che tale sostantivo è stato sin qui frainteso da tutti tranne le altre creature viventi. Arrivando quindi all’amara ma realistica conclusione che l’aggettivo disumano, traducendo all’inverso la nostra natura alla prova dei fatti, vuol dire qualcosa di virtuoso in quanto armonioso con il pianeta che ci ospita.
A ogni modo, torniamo al racconto dell’immondo fare che più ci ha distinti nell’almanacco della terra e fermiamoci al capitolo relativo a una delle nostre più frequenti vittime innocenti: la balena.
In particolare, concentriamo la nostra attenzione su una nazione precisa, ma con niente di personale, sia ben chiaro, perché l’usanza di sterminare con il cuore stritolato in una mano e il senno sbriciolato nell’altra appartiene a ogni popolazione in ogni luogo.
Nel cosiddetto Paese del Sol levante la guerra alle balene è roba antica e risale al periodo Jōmon, il quale va dal 14.000 al 300 avanti Cristo.
Gli abitanti di allora erano raccoglitori e soprattutto cacciatori, ma la sopravvivenza dei giganteschi cetacei ha iniziato a essere a rischio solo molto più avanti, nel 1600, quando la caccia è ormai praticata su ampia scala dalle comunità costiere.
La nipponica tradizione di uccidere balene si diffuse a tal punto che due secoli più tardi l’animale fu dichiarato in via di estinzione.
Poi ci furono due guerre mondiali e le conseguenze della pazzia e dell’odio dell’uomo, perfino qualora rivolti contro se stesso, colpirono anche le balene, a dimostrazione di quanto la nostra sola presenza sia pericolosa per la vita del terzo pianeta del sistema solare.
Difatti, in Giappone come in molte tra le nazioni che avevano partecipato ai disastrosi conflitti della prima parte del secolo il cibo scarseggiava e il consumo di carne di balena divenne ulteriormente popolare tra la gente.
Solo nel 1982, per iniziativa della Commissione internazionale per la caccia alle balene, fu votata una moratoria perlomeno della caccia commerciale. La tregua, se così possiamo chiamarla, entrò in vigore quattro anni più tardi e gli Stati che maggiormente si erano impegnati alacremente nel far scomparire le straordinarie creature dal pianeta, tra cui il Giappone, diedero la loro adesione.
D'altra parte, si sa come funziona la tradizione di uccidere per noi altri. Tra le nostre usanze faremmo qualsiasi cosa pur di non perderla del tutto. Perfino… uccidere, esatto.
Difatti, i giapponesi conservarono il diritto di proseguire con la cosiddetta caccia scientifica. Si calcola che dal 1987 in poi il Giappone abbia sterminato una media di 200/1200 esemplari all’anno, ma i critici e gli ambientalisti sostengono che sia stata tutta una farsa e che la carne sia finita comunque sulle tavole dei divoratori di meraviglie, un’altra definizione azzeccata degli umani.
Nel 2014 la Corte di giustizia internazionale ha ufficialmente decretato ciò che già si sospettava, ovvero che il Giappone non aveva affatto interrotto il massacro, il quale aveva ben poco di scientifico.
Di tutta risposta, nel 2019 i giapponesi hanno lasciato la commissione internazionale per la caccia alle balene, annunciando che avrebbero continuato a praticare quella commerciale, ma limitandosi alle proprie coste.
Ed eccoci al 2023.
Dopo altri quattro anni, risulta evidente quanto la sopra citata tradizione di uccidere le balene in Giappone sia come l’atto compulsivo di un individuo sociopatico e scollegato dalla realtà, tratti caratteristici di una specie composta in buona parte da serial killer inconsapevoli di ciò che di bello gli è stato messo, forse incautamente, accanto.
Le ragioni sono sotto gli occhi di tutti, o meglio tra coloro che hanno ancora un cervello funzionante: le balene diminuiscono di anno in anno, il consumo delle loro carni sta altrettanto precipitando da tempo, peraltro abbassandone il prezzo di mercato, mentre i costi per mantenere le navi e pagare i pescatori aumenta ogni giorno, al punto che tutta l’industria si regge in piedi soltanto grazie alle sovvenzioni statali.
Ebbene, di fronte a tale eloquente scenario, cosa fa Kyodo Senpaku, l’industria giapponese che possiede l’unica baleniera a lungo raggio del paese di fronte alle enormi perdite? Si dimostra ancora una volta fedele alla sciagurata tradizione e rilancia con l’apertura di ben due negozi a Tokyo con distributori automatici di carne di balena, prevedendo di averne altrettanti in 100 sedi in tutto il Giappone nei prossimi cinque anni.
In altre parole, c’era una volta la tradizione di uccidere, tra le più antiche e pervicaci di una specie che dopo 200.000 anni ancora oggi dimostra di non aver capito nulla di dove si trova e perché...
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