Apologia dell’antifascismo è reato
Storie e Notizie N. 2118
Vorrei anticipare cosa ci aspetta tra un paio di mesi, tra il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno.
Qui da noi è soprattutto nel momento delle celebrazioni che ci ricordiamo di cosa ci unisce o dovrebbe farlo, mentre il più delle volte ci divide.
È roba preziosa quanto sottovalutata, bistrattata e manipolata sino a capovolgerla.
Alcuni la chiamano memoria, altri Storia, anche se raccontata sovente con la esse iniziale vittoriosa, più che autorevole, ma in esse vi sono pagine di volumi che dovrebbero essere sempre aperti, consultabili ovunque da tutti.
Uno a caso, anzi no, è la nostra Costituzione, probabilmente il testo che in Italia più di tutti è stato messo in pratica all’inverso.
Potrei approfittare di nuovo del c’era una volta, ma immaginate se un numero significativo di persone passasse col rosso, andando senza problemi contro mano, parcheggiando sul marciapiede, ecc., insomma applicando all’opposto ogni norma del traffico. Voi mi direte: ma accade già, c’è un sacco di gente che da noi guida così.
Certo, ricordo un geniale video di Bruno Bozzetto a riguardo, ma va anche detto che spesso tali infrazioni vengono punite con una multa. Esistono vigili urbani e anche telecamere, vivaddio, che non trovano di certo il favore dei più, ma sono lì, vi è un deterrente che in qualche modo fa sì che chi viola la legge può essere sanzionato.
Per quanto riguarda principi fondamentali come quelli elencati dalla nostrana Costituzione, invece, non solo vengono disattesi, ma la paradossale realtà in cui viviamo ci dimostra ancora oggi che ciò che viene additato come una sorta di reato è esattamente il principio stesso.
A riprova di ciò, gli esempi sono incalcolabili da quando la suddetta è stata scritta e resa pubblica, ma mi limito a citare il recente caso del pestaggio all’esterno del liceo Michelangiolo a Firenze.
In particolare, vorrei soffermarmi sulla replica alla lodevole, a mio avviso, lettera della preside Annalisa Savino, pronunciata dall’attuale Ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara: “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c'è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c'è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l'atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.
Eppure la breve missiva della preside non fa altro che rimarcare l’importanza di un elemento centrale nella nostra Costituzione, producendosi in ciò che possiamo tranquillamente definire un’apologia dell’antifascismo.
Ovvero, un discorso a difesa ed esaltazione di qualcosa che - ripeto, secondo la Costituzione - dovrebbe far parte in modo imprescindibile della cultura di ogni cittadino di questa nazione, soprattutto di quelli più giovani: essere antifascisti.
Tutto questo oggi, come spesso ieri e ieri l’altro, nei fatti viene ormai trattato alla stregua di un reato, invece che il contrario.
Non spetta ai presidi, e quindi ai professori dare “messaggi di questo tipo”, perché altrimenti sarebbe “un’iniziativa strumentale” che esprime una “politicizzazione che non deve aver posto nelle scuole”. Nel caso verranno “prese misure”.
Lo stesso accade da tempo in ogni ambito, in televisione e in rete, così come su molti tra i giornali della carta stampata e online, per non parlare del parlamento stesso.
Ma se convinci un’intera nazione che l’apologia dell’antifascismo è considerato un reato, come fai a dimostrare che è vero esattamente il contrario?
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