La difesa dell’ostentazione tradizionale

Storie e Notizie N. 2171

Come al solito vorrei soffermarmi sulle parole, il loro significato e, soprattutto, l’uso che se ne fa per il personale tornaconto, ovvero della propria parte politica e corrente di pensiero, assennato o meno che sia.
Il lemma di oggi è ostentazione, voce del verbo ostentare, che il dizionario Garzanti definisce così: mostrare con intenzione perché non passi inosservato.
Trattasi di azione quanto mai generica, quindi, del tutto dipendente da chi o cosa si desidera che resti impresso nel prossimo.
Tuttavia, come quasi sempre accade, la reale accezione di un termine va a farsi benedire all’interno di quella sorta di neolingua di Orwelliana memoria che di volta in volta si arricchisce giustappunto di neologismi ad hoc, ovvero post neologismi, il che vuol dire in pratica: diamogli il senso che fa al caso nostro e tanti saluti ai vocabolari di questo mondo.
Di norma, ad aggiornare la semantica e la sintassi di tale egoistico codice sono gli uomini di potere, governanti e politici con largo seguito, con i grandi media a far da megafono. E se un tempo si diceva che era stata la televisione a insegnare l’italiano agli italiani, ora ci pensano loro, magari anche con un solo cinguettio o un post di poche righe sul social network di turno.
Riguardo alla parola protagonista di questa pagina, prendiamo a titolo di esempio, tutt’altro che casuale, l’uscita dell’attuale Ministro per lo sport e i giovani (!!!) Andrea Abodi. Il ministro è stato invitato a commentare il ritorno nel nostro campionato di calcio del giocatore Jakub Jankto,  il quale a febbraio scorso ha fatto coming out dichiarando pubblicamente la propria omosessualità.
Ecco cosa ha detto Abodi: “Non faccio differenze di caratteristiche che riguardano la sfera delle scelte personali. Se devo essere altrettanto sincero, non amo, in generale, le ostentazioni. Ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono. Io mi fermo qui.”
Io invece non mi fermo affatto, perché – non mi stancherò mai di ripeterlo – le parole sono importanti, oh se lo sono. Perché il "ministro per lo sport e i giovani" (ripeto i tre punti esclamativi !!! avendo dato per scontato che li comprenda tutti senza alcuna discriminazione) non è il primo a tirar fuori tale vocabolo con un’accezione chiaramente negativa qualora ci si riferisca a un orientamento sessuale per l'appunto sgradito. Anche se, al contrario, il quotidiano circo social di lussi sfrenati e bravate prive di senso e talvolta perfino pericolose di ventenni ricchi sfondati solo perché sono bravi a calciare una palla, quello non gli da alcun fastidio al ministro. Sarà perché si tratta di un’ostentazione tradizionale, alla stregua della nota "famiglia".
Dal canto mio, resto dell’idea che ha ragione da vendere chi scrive che “ostentare” è ormai la parola chiave dell’omofobia.
Agli inizi è diventato di moda nel riferirsi ai Gay Pride, al punto che perfino la Treccani ha dovuto aggiornarsi, alle manifestazioni di orgoglio – fateci caso, ci si limita solo a quest’ultimo nel racconto virale –, dimenticando che ci si può trovare anche gioia e senso di libertà, desiderio di ribadire i propri diritti civili e piacere nel sentirsi parte di qualcosa di grande e festoso alla luce del sole, senza paura, senza indugio, senza divieti per giunta incostituzionali.
Ma al di là di quel che la neolingua racconti e diffonda, il vero significato del verbo è rimasto immutato: mostrare con intenzione perché non passi inosservato.
Be’, da che mondo è mondo libero, aggiungo io, dove lo sia perlomeno, la conquista di ogni sacrosanto diritto ha richiesto che qualcuno trovasse il coraggio di mostrare a tutti la propria aspirazione a essere considerato come gli altri e non da meno, sottolineo, con intenzione perché non passasse inosservato. Altrimenti sarebbe stato tutto inutile.
In questi casi, ostentare è quindi un’azione indispensabile, un gesto nobile e ammirevole per definizione, qualcosa da insegnare nelle scuole e in famiglia affinché - tu guarda un po’ - non passi davvero inosservato.

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