Differenza tra dignità e umiliazione

Storie e Notizie N. 2194

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C’era una volta un ragazzino di 17 anni.
Perché conta l’età, oh se conta, in questa storia.
C’era una volta un ragazzino di 17 anni di nome Aarrav che vive in India.
Giacché il luogo, le condizioni di vita e le prospettive di successo, in questa vicenda hanno un peso.
Lo hanno nella realtà, figuriamoci in questa vicenda, visto che è vera.
C’era una volta, quindi, una piccola storia che si fa grande alla fine.
Poiché le dimensioni sono tutto, stavolta.
Allora, partiamo dall’inizio, ovvero l’anno scorso.
Aarrav è un giovane sveglio, molto per la sua età. Per tale ragione, ha sempre avuto una notevole passione per i robot.
Ma non per i motivi per i quali tanti suoi coetanei ne sono interessati.
Non sogna di averne uno che si trasformi in auto e che lo aiuti ad affrontare invasori dallo spazio. Men che meno desidera di possederne un altro che lo obbedisca senza discutere, e che faccia i compiti al suo posto o che rimetta in ordine la camera. Non immagina neppure di realizzarne uno così intelligente da poterci conversare e giocare, magari per coprire i vuoti dovuti all’assenza di affetto e amicizie.
Il fatto è che, come tanti ragazzi indiani e che abitano in tutti i paesi dove la povertà è di casa da molto tempo, malgrado anche Aarrav sogni, desideri e immagini un presente, oltre che un futuro migliore, non è soltanto ai propri vuoti che dedica la sua totale attenzione. Perché quando ciò a cui si aspira è nei fatti composto da un elenco interminabile di necessità, più o meno primarie, qui e ora, il futuro è un’invenzione che salva la vita di tutti o di nessuno. E allora forza, con coraggio e ingegno, perché l’intuizione che cambia il mondo è proprio lì, accanto a te.
Per Aarrav è uno dei problemi di suo zio Arjun dovuti al morbo di Parkinson.
Costui ha 70 anni ed è un funzionario pubblico in pensione. A causa della malattia con fatica riesce a mangiare da solo. Parte del cibo gli esce sistematicamente dalla bocca, mentre il resto finisce sul vestito.
Aarrav non esita un istante e presta soccorso allo zio, ma non si limita a questo.
Fa di più.
Perché può e perché deve.
E perché qui in India, e in tutti  i paesi del mondo con simili premesse, si fa così.
Perché si può.
E perché si deve.
Aarrav si mette a lavoro giorno e notte dopo la scuola e alla fine scrive la storia che si fa grande, la sua, quella dello zio, e di tutti coloro che sono affetti dal Parkinson, o con le mani tremanti per qualsiasi altro motivo.
Perché il nostro ha inventato un cucchiaio intelligente, ma nell’accezione utile che si spiega più avanti, i cui sensori a batteria rilevano i tremori da un lato e attivano il movimento dall'altro, annullando efficacemente le oscillazioni per mantenere stabile la posata.
Non è un’invenzione del tutto originale, giacché ne esistono già altri prototipi in commercio, ma costano ben 200 dollari. Per cui inaccessibili a coloro che non sono in grado di sostenere tale spesa, il che vuol dire la maggioranza nel mondo.
Per questo trattasi di cucchiaio intelligente.
Aarrav ha ancora oggi l’ambizione che chiunque ne abbia bisogno possa farne uso.
Perché, come ha detto suo zio, chi avrebbe mai pensato che una cosa così piccola potesse fare la differenza tra dignità e umiliazione?

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