Quando la Radio è la scuola

Storie e Notizie N. 2198

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“Buongiorno e benvenuti a I Want to Learn, io voglio imparare, il programma radiofonico per imparare la matematica, la lettura e la scrittura”.
Così hanno inizio i giorni di scuola di Radio Notre Dame du Sahel.
Ma facciamo un passo indietro e mettiamoci nei panni di uno dei piccoli studenti che approfittano di questo lucente dono che squarcia il buio della disperazione che nessun bambino al mondo dovrebbe affrontare.
Allora, siamo d’accordo? Per qualche minuto saremo nei panni di Alima, la quale ha sei anni, che dalle nostre parti vuol dire “prima elementare”, mentre nel Burkina Faso significa che sei sopravvissuta a ben altro che alzarsi la mattina presto per andare a scuola.
Perché la fuori ci sono i terroristi, dice papà, da sempre ormai. Perché la fuori ci sono i nostri fratelli che si sono dimenticati di esser tali, spiega meglio la mamma. Perché in casa siamo al sicuro, sintetizza alla perfezione il fratellino, Bertrand, che di anni ne ha 4 ma riesce a chiosare meglio di tutti in siffatte questioni di vita quotidiana.
Alima è una bambina vivace e intelligente, e fin qui ciò potrebbe fare la differenza, con un po’ di fortuna alle spalle. Soprattutto di quella che ti spinge a superare ogni ostacolo. Figuriamoci se si tratta di quella che ti si incolla alla proverbiale camicia fin dal primo vagito e ti permette di vedere la luce a una latitudine maggiormente favorita dalla sorte.
Tuttavia, senza la scuola, ovvero lo studio costante, a cominciare dall’apprendimento basilare del famoso leggere e far di conto, lo spreco di cotanto bagliore vivente risulta inevitabile quanto imperdonabile. E ciò che resta, purtroppo, è la paura di quel che c’è fuori, da affrontare con quel poco che si ha dentro per difendersi, rintanati nella propria stessa vita.
Ebbene, in momenti come questo che il cielo o chi per lui benedica Guglielmo Marconi e tutti coloro che si sono dati da fare nel perfezionare l’invenzione straordinaria che si chiama Radio. Perché tali strumenti che nei luoghi in cui la modernità è di casa sono roba scontata, ovvero solo questione di tempo, oltre i confini di tali paradisi tecnologici, è magia. Talvolta di quella buona, come in questo caso.
Perché in casa di Alima non c’è molto da mangiare a colazione.
Non ci sono videogiochi o mirabolanti applicazioni con cui distrarsi sul cellulare, giacché non c’è neppure quest’ultimo.
Non c’è la tv con il mega schermo che sembra un cinema, solo uno assai più piccolo e, quando funziona, si ingrandisce con la sola forza degli occhi, l’unico super potere che funzioni ovunque.
Ma c’è pure la Radio, quella che è arrivata in casa grazie all’Unicef.
E alle otto in punto, sia Alima che Bertand sono seduti di fronte all’apparecchio, in trepidante attesa di iniziare le lezioni.
È una sorta di speciale DaD, la didattica a distanza della speranza e della fiducia nel futuro, e forse nel genere umano, quando fa regali del genere.
Ma ora facciamo silenzio, perché le trasmissioni sono iniziate.
“Buongiorno e benvenuti a scuola, bambini.”
Questo è ciò accade quando la Radio è la scuola.

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