Tregua cosa vuol dire

Storie e Notizie N. 2207

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Alle 6 italiane di stamani è iniziata una tregua di quattro giorni tra Israele e Hamas. Essa dovrebbe agevolare uno scambio di ostaggi e prigionieri, oltre a permettere l’arrivo di aiuti umanitari a favore dei civili a Gaza, che l’esercito di Netanyahu ha iniziato a bombardare il 7 ottobre, un mese e mezzo fa.
Questo è parte di ciò che si può fare, di solito, nel mezzo di un conflitto quando i  contendenti si prendono una pausa.
Ma parlando in generale, cos’è una tregua?
Secondo la Treccani, limitandoci alla prima accezione, quella che ci riguarda direttamente, è una sospensione temporanea delle ostilità stabilita da due belligeranti ed estesa a tutto il teatro di guerra o a un solo settore, stipulata per raccogliere feriti, seppellire morti, prendere misure igieniche, chiedere ordini e istruzioni per agevolare trattative.
Okay, questa è l’esatta definizione, ma è qualcosa di puramente formale, ovvero teorico. E tenendo conto di cosa sia in realtà la guerra, oggi, ripeto la domanda: cos’è davvero una tregua?
Provo a rispondere, senza fronzoli e ipocrisie.
La tregua, ufficialmente, è quando i cannoni, i lancia razzi e missili, ma anche i fucili, le pistole e perfino i pugnali si fermano. In altre parole, smettono di mietere vittime e distruggere cose e case.
Di conseguenza, la tregua è quando coloro che per obbligo, ma anche per fede, o per mera professione, indossano una divisa per uccidere il nemico indicato come tale, devono come si suol dire sotterrare, seppur temporaneamente, l’ascia di guerra. O, per essere più moderni, abbassare le armi.
Le armi, già.
Ecco perché la tregua, a ben altri piani, vuol dire che per tutto il tempo che durerà gli introiti di coloro che le fabbricano e le vendono vedranno calare repentinamente la richiesta dei propri prodotti.
Indi per cui, durante una tregua, ogni soggetto nel mondo che più o meno consapevolmente abbia deciso di investire non milioni, bensì miliardi di dollari sull’eventualità che la tregua non ci sia affatto, noterà altrettanto nel grafico delle proprie entrate una sfavorevole inversione di tendenza.
Verso il basso, è chiaro, che non è mai una buona notizia, qualora sia in gioco il denaro. Quello con cui, alla fine della multinazionale fiera, ci si pagano i mutui dalla prima fino alla terza o quarta villa, la manutenzione delle piscine olimpioniche senza Olimpiadi, la conservazione di un parco macchine da sogno con cui farci il giro del viale di ingresso che conduce alla lussuosa magione di turno, gli alimenti delle svariate mogli e le non meno numerose amanti, si vizia la figliolanza fino a distruggerla del tutto, si sovvenzionano strabordanti libagioni e feste sfrenate, ovviamente, e ogni tipo di trasgressione a misura di conto in banca.
Ma la tregua è anche una spiacevole notizia per coloro che grazie alla sua mancata applicazione traggono differenti tipi di profitto.
Perché quando c’è la guerra, essa riempie le prime pagine e non si parla d’altro, quindi anche di tutto il resto che non conviene che sia noto.
Perché in alcune guerre, finché non comparirà la scritta fine sul tabellone, nessuno vince e nessuno perde, in tanti muoiono, ma alcuni, pochi, ne traggono vantaggi straordinari.
E la tregua, per codesti signori, è come un apostrofo da incubo tra le parole all’attacco…

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