Storia di una narrazione alternativa all'estrema destra
Storie e Notizie N. 2212
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C’era una volta una storia.
Una di quelle difficili, che non si riesce ad ascoltare.
Forse perché lo è altrettanto anche solo pensarla.
Figuriamoci scriverla e addirittura raccontarla.
Perché dovresti crederci, altrimenti non varrebbe la pena neppure di sognarla.
Okay, io ci provo.
Ma per riuscire nell’intento, invece che partendo dal passato come tradizione richiede, spostiamo il presente nel futuro che ci attende.
Indi per cui, c’era una volta – ovvero ci sarà – il 2050.
In quell’anno vivremo in un Paese che, forse, chiameremo ancora Italia.
Una nazione le cui condizioni sono facilmente deducibili già da un po’.
Immaginiamo ora che si realizzino le previsioni peggiori, le quali sono spesso precedute da frasi tutte molto simili tipo “se non cambiamo stile di vita” o “se i governi non attueranno politiche differenti”, eccetera
Inoltre, a proposito di governi, mettiamo che gli esecutivi a guida del mondo occidentale e del nostro Paese siano sempre più orientati sull’estrema destra.
Breve parentesi: che poi, ormai da decenni, direi dalla fine della Democrazia Cristiana a oggi, il centro si è dissolto e la destra è solo quella che riesce a posizionarsi ogni giorno di più a destra di se stessa. L’aggettivo “estrema” è già previsto nel pacchetto e quella che viene definita tale è soltanto un anticipo del prossimo movimento nella direzione opposta a quella mancina. A tal proposito, cosa dire della sinistra? Cos’è davvero e qual è la sua attuale collocazione? In altre parole, cosa comunica, o dovrebbe farlo, la sua narrazione? Un attimo, ci arrivo, sono qui per questo: torniamo alla storia.
Siamo nel 2050, quindi, e dopo ventisette anni di governo di una destra, sempre più estrema di giorno in giorno, immaginare come sarà l’Italia non è difficile.
Ma partiamo dal mondo, per poi concentrarci sulla nostra penisola.
Sulla Terra ci saranno 9,7 miliardi di persone.
Si prevede una vera e propria catastrofe della biodiversità.
La crisi climatica, le specie invasive, il sovra sfruttamento delle risorse e l’inquinamento abbatteranno gli ecosistemi.
Di conseguenza osserveremo una crisi mondiale nella fornitura di cibo e di acqua potabile, la perdita di paesaggi naturali a cui siamo abituati, l’estinzione di un milione di specie vegetali e animali, per non parlare del diffondersi di incendi, inondazioni e condizioni meteorologiche letali a causa dello scompenso climatico. Seguirà una rapida diffusione di specie invasive e nuove malattie, un ingestibile aumento dell’inquinamento da plastica, la drastica diminuzione della popolazione di mari, laghi e fiumi, e l’inesorabile scomparsa delle foreste.
Tutto ciò non farà che rendere letteralmente apocalittiche le condizioni di vita dei rifugiati nel mondo, sempre più in fuga da territori desertici e ostili, il cui numero secondo la Banca Mondiale salirà a 140 milioni.
E il nostro Paese, nel frattempo?
Ebbene, nel 2050 la popolazione sarà ulteriormente diminuita, fino a scendere a 45,8 milioni di abitanti. Solo una famiglia su 4 avrà figli, ci saranno meno coppie con prole, e più coppie senza.
Difatti, la quota di individui sopra i 65 anni salirà al 34% del totale. Molti vivranno soli, fino a circa 10 milioni nel 2042, per poi ragionevolmente aumentare nel decennio successivo.
In breve, saremo più vecchi e più soli.
Per quanto riguarda i bambini, secondo l’Unicef saranno quasi 9 milioni quelli che avranno problemi di salute a causa del calore e l’inquinamento atmosferico, comprese malattie respiratorie croniche, asma e patologie cardiovascolari.
Difatti, la temperatura media salirà di 3 o anche 4 gradi, con aumenti di 6 o 7 in estate.
Le città saranno praticamente invivibili, con la minaccia dell’innalzamento del livello del mare che diventerà realtà. Ciò nonostante, la contestuale siccità e la grave diminuzione delle specie ittiche saranno disastrose per l’agricoltura e la pesca, e le campagne si svuoteranno ulteriormente, con masse di persone alla ricerca di un’oasi nell’inferno di cemento che chiamiamo capoluoghi.
Nondimeno, al netto di quanto fin qui elencato, la gente avrà scelto comunque di seguire i pifferai della destra, la cui narrazione, se ci pensate un attimo, si basa su due premesse di una logica incredibilmente efficace.
Primo, il cambiamento climatico e il riscaldamento globale non sono causati dall’umanità, ci sono sempre stati anche in passato. L’estate è normale che faccia caldo. E se l’inverno è meno rigido, di cosa vi lamentate? Inoltre, ci sono milioni di stranieri che vogliono venire a vivere nelle nostre città, addirittura 140 nei prossimi decenni, con le loro religioni sbagliate e culture incivili. Per non parlare degli LGBT e gente simile, i quali vogliono distruggere la famiglia cosiddetta naturale e le sue tradizioni.
Secondo aspetto, quello vincente, il cambiamento climatico e il riscaldamento globale sono causati dall’umanità? E seppure decidi di provare un diverso stile di vita eco-sostenibile, pensi che anche gli altri lo faranno? Davvero? E a cosa servirà se lo fai solo tu? Non è meglio continuare a farti i fatti tuoi sbattendotene del domani?
I suddetti milioni di stranieri non intendono fermarsi qui, ma sono diretti altrove? Be’, sono comunque tanti, e quelli che non ce la fanno ad andarsene restano qua, sai? Con le loro religioni sbagliate e culture incivili. E poi, se davvero ci sarà una diminuzione delle nascite, noi altri non facciamo bene a difendere la famiglia naturale e le sue tradizioni?
La soluzione per il futuro sopra citato è semplice, a destra: muri invalicabili ai confini dello Stato e sulle coste, piantonati da sentinelle con fucili spianati. Nei centri abitati armi per tutti per difendersi da chiunque voglia toglierci ciò che è nostro per merito o solo culo. E se sono le città che la gente vuole, le renderemo ancora più grandi costruendo altri casermoni e grattacieli, con aria condizionata sparata ventiquattrore al giorno, televisioni e computer sempre accesi, lavoro e scuola da casa, con quest’ultima ridotta alle materie essenziali, tra tutte imparare a come fare click al momento e sul link giusti, ovvero quelli sovranisti.
Finché non sarà tutto finito, ovviamente.
Ecco, a questo punto credo sia facilmente intuibile quanto sia ardua l’impresa dell’incipit. Perché una narrazione alternativa a tutto ciò o lo è sul serio, o in caso contrario non è altro che una brutta copia, o anche solo approssimata, di quella degli avversari. Ed è quello che è stato fatto fino a oggi da tutte le compagini politiche più o meno annacquate da “moderazione”, “prudenza” e “mediazione”.
In questo caso, il nostro, dove è in gioco la sopravvivenza di miliardi di persone oltre a noi, alternativa significa diametralmente opposta, oppure non vuol dire un cazzo, se mi si perdona la caduta di stile.
Ciò si traduce, tra le altre cose, in una riduzione del ruolo dei confini tra gli Stati, invece che il contrario, in un approccio in ambito sociale e istituzionale verso coloro che vengono da altre nazioni, o che hanno un diverso modo di amare ed essere amati dal prossimo, pur rispettandolo, basato sull’empatia e la comprensione reciproca. Ma, più di ogni altra cosa, in un impegno a limitare o eliminare del tutto ciascuna singola scelta quotidiana in grado di avere un impatto traumatico per l’ambiente.
Ma per far questo è indispensabile una fiducia colossale nel genere umano, senza se e senza ma, nonostante tutti i criteri di realtà fin qui dimostrati consiglino di non farlo.
Ci vuole un atto di fede in noi stessi e chi c’è la fuori, oltre a chi ci vive accanto, di proporzioni enormi.
Solo questo, a mio modesto parere, è in grado di rendere una narrazione alternativa all’estrema destra altrettanto efficace.