Storia della legge sul fine vita e anche dell’inizio

Storie e Notizie N. 2220

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C’era una volta una storia che inizia dalla fine.
È un gioco di parole, ma anche il senso di tutto.
Una storia italiana, se volete.
C’era una volta quindi un Paese dove non avresti dovuto preoccuparti di nulla.
Poiché ci sarebbe stato qualcun altro, in modo scontato lassù, a indicarti ogni tratto del sentiero chiamato retta via.
Perfino l’ultimo, arrogandosi il diritto e perfino il dovere di decidere quando e come saresti uscito di scena.
Il fine storia, più che vita.
Ma ricominciamo dal principio e stavolta seguiamo le canoniche regole di una narrazione classica.
C’era una volta un Paese in cui dovevi nascerci per aspirare al meglio, ma senza contarci più di tanto, se non con l’avvallo di un sangue puro, nobilmente tramandato da stirpe altrettanto netta.
Una nazione dove a prescindere da chi tu fossi stato fin dall’inizio, se non altro per il peculiare aspetto e le singolari premesse che rendono ogni venuta al mondo differente, avevi l’obbligo di uniformarti a una sola e indiscutibile identità, ovvero cultura, tradizioni, principi e una sola fede, già pronta ad attenderti per spiegarti con parole semplici il funzionamento della vita, alla stregua del manuale di un elettrodomestico.
Uno Stato che per venirti incontro in questo percorso di apprendimento delle sovrane regole si inventò perfino un liceo ad hoc. Anche se, essendo giustappunto sovrane, non si capisce affatto perché usasse l’espressione “Made in Italy”, ovvero in inglese...
D’altra parte, finanche al di fuori di un’aula scolastica, in ogni istante vi era una voce, sempre lì in alto, a spiegarti cosa  fare e come.
Ad esempio, come fare all’amore e, di conseguenza, mettere al mondo altri come te, da allevare a tua volta in accordo ai sacri dettami. All’interno di ruoli, o generi, semplificati al massimo, come si "faceva una volta".
Dove il dogma ritornava quello di fare più figli, lasciando di nuovo il sacrosanto tempo agli uomini di fare gli uomini, cribbio.
Non vi era più occasione di porsi inutili domande o di guardarsi in giro, perché vi era un intero apparato governativo a suggerirti cosa pensare e cosa vedere.
Tra tutti spiccava il consiglio che andava per la maggiore, garantendoti di poter campare cent’anni come quello di farsi i fatti propri, che poi sono simili: cerca sempre di essere dalla parte del più potente, del più pericoloso e del più ricco. Così come quello di far gruppo e offrire solidarietà soltanto con e a chi corrisponda a tali criteri.
E se con il passare degli anni, in alcune occasioni di inaspettato smarrimento, ti fosti trovato a voltarti alle spalle per riflettere sul tempo che fu, a soccorrerti per evitarti pericolosi dubbi ci sarebbe stata una collezione di ricordi opportunamente rivista a difesa della tua serenità.
Finché non sarebbe giunto il momento di tornar polvere al di sotto del patrio terreno.
In altre parole, il sopracitato, placido, magari incredibilmente doloroso, ma per gli altri tollerabile, fine vita.
Perché tanto qualcun altro l’aveva vissuta al posto tuo...

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