A piedi da Città del Capo a Londra la corsa di Deo Kato contro il razzismo
Storie e Notizie N. 2231
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C’era una volta l’uomo che corre.
O anche la donna, i vecchi o i più giovani, fa lo stesso.
Giacché questa è una storia, o corsa, che vale per molti.
C’era una volta, quindi, uno tra essi di nome Deo Kato.
L’uomo, quest’uomo, è ugandese di nascita, ha 36 anni, vive a Londra e il 24 luglio scorso si è messo in marcia.
Di corsa.
Perché capita spesso che per raggiungere certi obiettivi non puoi limitarti semplicemente a camminare: devi correre.
Quando per esempio a puntare il suo occhio crudele su di te è il mirino di qualcuno opportunamente protetto da una divisa, il quale sa che qualunque cosa accada, al massimo verrà trasferito altrove.
Ma talvolta si decide di correre proprio per evitare che tale crimine non si ripeta più. È il caso di Deo, il quale si è messo in testa con il suo ardito viaggio, armato soltanto di buoni muscoli sulle gambe, oltre a coraggio e tenacia da vendere, di sconfiggere nientemeno che la discriminazione razziale.
Da Città del Capo a Londra, questa è l’impresa e la scelta non è casuale, così come l’ambizioso sogno: riuscire ad arrivare alla meta in 381 giorni, ovvero quanto durò il boicottaggio degli autobus a Montgomery, negli USA del 1955, da parte di Martin Luther King e altri leader dei diritti civili per protestare contro l’arresto di Rosa Parks.
In altre parole, dalla terra in cui un tempo il razzismo era legale tramite l’apartheid alla capitale del Regno Unito, una delle nazioni maggiormente responsabili del crimine chiamato colonialismo, che ha nel razzismo uno dei suoi princìpi ispiratori.
Finora il nostro si trova quasi a metà del suo viaggio, ha attraversato ben sette Paesi - Sudafrica, Botswana, Zimbabwe, Zambia, Tanzania, Uganda e Kenya - e ha percorso circa 6.690 chilometri.
Ormai sarà quasi impossibile che riuscirà a completare il tragitto nei tempi previsti e i motivi sono comprensibili.
È stato costretto a dormire spesso in macchina o giacigli di fortuna con tutti i pericoli del caso, tra piogge torrenziali, strade fangose e cibo preso per strada che l’hanno fatto ammalare.
Per non parlare dell’instabilità politica e ambientale delle nazioni che ha attraversato, tra gente che lo ha aggredito ritenendolo ostile o perfino bestie feroci affamate, secondo il più scontato dei copioni.
A dargli filo da torcere ci sono state ovviamente anche le multinazionali che gestiscono i confini per i loro interessi. E l’unico spostamento di cose o persone gradito da costoro non prevede di certo come scopo la sconfitta di qualsiasi ideologia che pretenda di classificare e diversificare l’umanità a discapito dei suoi naturali diritti.
Ma ci sono state anche molte persone che hanno dato una mano.
Ci sono sempre, è solo che non fanno notizia.
Come quando in Tanzania, per proteggerlo dai leoni sono scese in campo a fargli da scorta nientemeno che le guardie forestali, e moltissima gente comune che gli ha donato sostegno e conforto con tutto ciò che aveva da offrire.
Una volta attraversata l’Etiopia nei prossimi giorni, la prossima tappa di Deo sarà il Sudan, prima di superare l’Egitto e poi puntare alla Grecia.
“La storia della migrazione umana va fuori dai sentieri battuti attraverso l’Africa lontano da forme di viaggio conosciute”, ha dichiarato Deo riguardo al suo progetto. “Tutti gli esseri umani provengono da qui e io voglio ricordarlo attraverso la mia corsa.”
C’erano una volta e che siano benedetti, quindi, gli uomini che corrono e che sognano.
O anche le donne, i più anziani e pure i bambini, fa lo stesso.
Giacché questa è una corsa, o storia, che vale per tutti.