È tutto un gioco

Storie e Notizie N. 2280

È tutto un gioco ormai, per alcuni.
Pochi, in realtà.
Nella finzione in tanti, troppi, sono convinti di essere seduti al tavolo con i grandi, ma anche tale illusione, o inganno, è parte del gioco.
La brutta notizia, si legga pure tragedia, è che la stragrande maggioranza al di fuori della stanza dei divertimenti, concreta o virtuale che sia, sopravvive o meno a seconda di quale faccia il dado mostri ai concorrenti alla fine della sua ennesima giravolta.
C’è il Gioco in borsa, ovvero con le mani ficcate spudoratamente in quella degli ottusi più che ignari contribuenti da parte del Pagliaccio Donald, ma non quello dei panini, bensì il Clown di It in forma umana che nemmeno Stephen King avrebbe potuto disegnare così terrificante, il quale in effetti non fa alcunché di nuovo rispetto a prima delle elezioni: prende per il culo il mondo e conta i soldi a fine corsa. O borsa.
C’è il Gioco delle parti di chi sta con chi e quando, ma soprattutto come, di Meloni e Salvini, ma tanto anche per loro è solo un grande gioco e allorché la partita lo richieda si torna amici come prima. Anzi, di più.
È il Gioco della politica, dicono, ma se quest’ultima avesse ancora un significato minimamente prossimo alla canonica definizione, quello del nostro attuale esecutivo sarebbe un abuso a tutti gli effetti. Un fare di stampo mafioso ma legalizzato, lo Stato nello Stato che invece è proprio lo Stato.
Certo, è anche un Gioco d’azzardo, ma da che mondo è mondo in quest’ultimo a rischiare ogni cosa e a pagarne le spese in caso di sconfitta sono i giocatori, mentre in questa altalena dei Dazi a farsene carico sono solo le pedine, ovvero i consumatori. Nondimeno, il divertimento con gli action figure, come si chiamano oggi, il Gioco di soldatini e pupazzi di un tempo, ora si fa invece con esseri umani in carne e ossa, che come le persone migranti trasferite ancora una volta nell'ennesima, nostrana prigione coloniale in versione albanese, vengono spostati da un punto all’altro del mappamondo come merci. Anzi, diciamola tutta: come molto meno.
È un Giocare sporco, quindi, ma se “chi controlla chi”, vedi la Corte Penale Internazionale, viene ignorato e screditato puntualmente in ogni contesto come si può sperare di riuscire a far leva sull’unica risorsa dei più deboli, ovvero le regole del gioco?
Allorché poi ti sforzi di scoprire chi ci guadagni da tale Gioco di alzi, ribassi e sospensioni e capisci che in quell’arena ciascuno dei contendenti fa il gioco di qualcun altro, che a sua volta vince o perde per conto di chissà chi, diventa davvero difficile identificare chi bara.
Ecco perché in molti, ancor più che troppi, tra coloro che si oppongono a tale ludico imbroglio spesso si arrendono e si dicono che il gioco non vale la candela. Ma che dico? Il rogo che tende a bruciare tutto lì dentro, a cominciare dalle costruzioni più vulnerabili come una candida indignazione e il seppur ingenuo desiderio di cambiare le cose dal basso.
Ebbene, io rispondo che non c’è alternativa che far di tutto, in ogni piccola scelta quotidiana, affinché possa in qualche modo aiutare a far saltare il banco. Perché siamo tutti noi i mattoni che lo tengono in piedi. Altrimenti, stai comunque partecipando a un gioco in cui non potrai mai vincere facilitando le vittorie di quei maledetti pagliacci e le sconfitte dei disgraziati del pianeta...

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