Bruciato vivo: possiamo ricominciare?

Storie e Notizie N. 1186 

La recente vicenda del pilota bruciato vivo e la conseguente impiccagione dei prigionieri del governo giordano mi fa venire voglia di essere altro.
Tutto fuorché un umano.
E da lì, ascoltare il racconto, guardare la scena, osservare il dramma.
Come un semplice spettatore.
Silenzioso…

Ecco, ora sono l’ossigeno.
Che brucia con l’uomo.
Ma non muore, perché non era vivo neanche prima.
Si può esistere senza per questo vivere.
Senza soffrire per una ragione valida.
O per inammissibile ottusità.

Sono la corda che stringe e ruba il respiro.

E sono anche altro ossigeno, stavolta imprigionato all’esterno delle labbra assetate.
Uccise.

Sono le sbarre delle prigioni, da una parte all’altra degli schieramenti, di equa efficacia, di equa compassione.
Di equa incredulità, più di ogni altra cosa.

Sono le parole sparse con parsimonia sulle ferite mai sopite del tutto, cucinate ad arte dagli chef meno sospettabili.
Indiziati innominati quanto sono berciate, stuprate e manipolate le suddette parole.
Di religione e petrolio, di potere e dei, di indiscutibili crociate e fantomatici complotti.
Di parole al vento, soffiato nel cuore dal creatore di turno.
Come se alla fine di tutto, innanzi al buio tale per ciascuno di noi, ci fosse davvero qualcuno in grado di leggere tra l’oscurità prima degli altri.
E così mi trasformo.

Delle parole senza un verace significato divengo il suono, ovvero il rumore.
Dal rumore all’eco.
Dal ricordo di quest’ultima, adesso, sono le tracce nell’animo della vittima che traspare.
Per essere al contempo aggressore.
Ucciso e assassino.
Maledicente e odiato.
Nemico e amico, almeno così era una volta.
Finché il contrario non l’ha superato nella quotazione della borsa che conta.

Finalmente sono la borsa.
Là dove si nascondono le chiavi.
E il telecomando.
Lo scettro.
L’ingannevole flauto e le sue ammalianti melodie.
Che una schiera di ebeti sorci segue sino all’inevitabile precipizio.
Noi.

E’ qui che penso che gran peccato sia il fatto che l’inerte mondo che ci guarda autodistruggerci non abbia ricevuto il dono della favella.
Non si può ricominciare da capo e ridistribuire i sacri regali di madre natura?

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