Se il sindaco di Roma fosse una persona per bene
Storie e Notizie N. 1271
C’era una volta una città.
Guarda, evitiamo polemiche.
Un’altra città.
Agli antipodi dell’universo, dove vuoi, basta che non si possa tirare in ballo alcunché.
Per trasformare il tutto nell’abituale quanto ormai stantia sequela di confusi intrecci semantici partoriti con delirante sintassi.
In breve, chiacchiere.
Immaginiamo che tale città sia come molte.
Abitata da gente normale.
Dove per definire normale basati pure su ciò che incontri ogni giorno sulla via, prigioniero del traffico, incolonnato in ogni tipo di fila, immerso in qualsivoglia raggruppamento berciante, dalla riunione di condominio all’assemblea sindacale.
Figuriamoci che, malgrado la suddetta normalità del materiale umano in gioco, per una mera concomitanza di fortuite coincidenze venisse eletto sindaco una persona per bene.
Come se ciò accadesse per errore, ecco.
Ascolta, metti a freno le borbottanti eruzioni emotive.
Intendo un altro, non lui.
Un individuo oltre i confini della tua immaginazione, situabile ovunque, purché si eviti di perderci negli intrecci semantici partoriti… insomma, hai capito.
Niente di eccezionale, d’accordo, nessun Martin Luther King di passaggio, il quale verrebbe espulso il giorno seguente come immigrato clandestino con manie di persecuzione e fomentatore di rivolte, per giunta.
Solo qualcosa di decisamente meglio di quel normale di cui sopra.
Il che avrebbe comunque una ragione logica: voto colui che ritengo più qualificato tra i molti.
Come è normale che sia.
Viste tutte le premesse, grazie alla consapevolezza del livello tutt’altro che dignitoso della normalità vigente, la narrazione delle vicende dell’inaspettato sindaco sarebbe scontata.
Essendo significativamente superiore all’indice medio di normalità troverebbe quali avversari più acerrimi tutti.
Tutti coloro che di quella medesima normalità ne avessero giovato sino a quel momento.
Ma quanti sarebbero questi tutti?
Difficile rispondere, quasi impossibile.
O, forse, diciamo che è meglio non farlo.
La domanda che vale il nostro tempo è invece ben altra.
Se tu fossi uno degli abitanti di una città simile a questa e, seppur mosso da un temporaneo afflato di franchezza, ammettessi di far parte proprio di quel caotico agglomerato chiamato la gente normale, saresti in grado di riconoscere una persona per bene?
Ovvero, saresti in grado di distinguerne le intenzioni dal perenne malcostume in cui vivi quotidianamente?
In altre parole, se incontrassi addirittura Gandhi in persona, saresti capace di fidarti di lui, malgrado le urla dei suoi detrattori?
In caso negativo, cara concittadina e gentile elettore, quanto vale la tua opinione?
E il tuo voto?
Leggi altre storie vere
Vieni ad ascoltarmi dal vivo Sabato 24 Ottobre ore 21, Teatro Planet, Via Crema 14, Roma: La truffa dei migranti, spettacolo di teatro narrazione, presentazione dell'omonimo libro (informazioni)
C’era una volta una città.
Guarda, evitiamo polemiche.
Un’altra città.
Agli antipodi dell’universo, dove vuoi, basta che non si possa tirare in ballo alcunché.
Per trasformare il tutto nell’abituale quanto ormai stantia sequela di confusi intrecci semantici partoriti con delirante sintassi.
In breve, chiacchiere.
Immaginiamo che tale città sia come molte.
Abitata da gente normale.
Dove per definire normale basati pure su ciò che incontri ogni giorno sulla via, prigioniero del traffico, incolonnato in ogni tipo di fila, immerso in qualsivoglia raggruppamento berciante, dalla riunione di condominio all’assemblea sindacale.
Figuriamoci che, malgrado la suddetta normalità del materiale umano in gioco, per una mera concomitanza di fortuite coincidenze venisse eletto sindaco una persona per bene.
Come se ciò accadesse per errore, ecco.
Ascolta, metti a freno le borbottanti eruzioni emotive.
Intendo un altro, non lui.
Un individuo oltre i confini della tua immaginazione, situabile ovunque, purché si eviti di perderci negli intrecci semantici partoriti… insomma, hai capito.
Niente di eccezionale, d’accordo, nessun Martin Luther King di passaggio, il quale verrebbe espulso il giorno seguente come immigrato clandestino con manie di persecuzione e fomentatore di rivolte, per giunta.
Solo qualcosa di decisamente meglio di quel normale di cui sopra.
Il che avrebbe comunque una ragione logica: voto colui che ritengo più qualificato tra i molti.
Come è normale che sia.
Viste tutte le premesse, grazie alla consapevolezza del livello tutt’altro che dignitoso della normalità vigente, la narrazione delle vicende dell’inaspettato sindaco sarebbe scontata.
Essendo significativamente superiore all’indice medio di normalità troverebbe quali avversari più acerrimi tutti.
Tutti coloro che di quella medesima normalità ne avessero giovato sino a quel momento.
Ma quanti sarebbero questi tutti?
Difficile rispondere, quasi impossibile.
O, forse, diciamo che è meglio non farlo.
La domanda che vale il nostro tempo è invece ben altra.
Se tu fossi uno degli abitanti di una città simile a questa e, seppur mosso da un temporaneo afflato di franchezza, ammettessi di far parte proprio di quel caotico agglomerato chiamato la gente normale, saresti in grado di riconoscere una persona per bene?
Ovvero, saresti in grado di distinguerne le intenzioni dal perenne malcostume in cui vivi quotidianamente?
In altre parole, se incontrassi addirittura Gandhi in persona, saresti capace di fidarti di lui, malgrado le urla dei suoi detrattori?
In caso negativo, cara concittadina e gentile elettore, quanto vale la tua opinione?
E il tuo voto?
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