Giornata Internazionale della Pausa 2016

Storie e Notizie N. 1383

Come molti sapranno oggi, 21 settembre, è la Giornata internazionale della pace – vi consiglio questo video – istituita nel 1981 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Una giornata dedicata alla pace…
Sapete? Poco fa, dando un’occhiata alle notizie, ho provato una sensazione dissonante, stonata, fuori sincrono, insomma.
Difficile il contrario in un giorno in cui, tra le altre cose, negli USA vanno in scena i soliti scontri con la polizia per l’ennesimo assassinio di un nero per mano di quest’ultima, si contano altri morti, civili e non, in Siria, altre vittime per il terrorismo e faide interne in Medio Oriente e in Africa, e ancora sventure in quella tragica narrazione dal titolo "La storia dei migranti".
Come dire, d’accordo, è la Giornata della pace, ma lo spettacolo deve andare avanti, ormai ho già premuto il grilletto, comprato armi a volontà, sganciato morte ovunque e il sangue sta scorrendo da un bel po’.
E’ troppo tardi.
Ecco perché, a mio modesto parere, per poter celebrare con la giusta attenzione tali ricorrenze, servirebbe un tempo sospeso tra una crudeltà e l’altra.
Una sorta di pausa…


C’era una volta la Giornata della pausa.


Non si sa chi l’abbia inventata per primo.
Un russo, dicono.
I russi.
Un americano, dicono gli americani.
Un francese i francesi e così via.
Solo che il creatore, o la creatrice, di tale meraviglia non diede il tempo ai contendenti di perderne altro nella scontata lotta per la vantaggiosa paternità dell’opera. Che poi si dovrebbe dire maternità, visto che si parla di dare alla luce qualcosa.
Colui, o colei, afferrò il magico pulsante e fece clic.
Il mondo in pausa.
Tutto il pianeta immobile, nel momento esatto in cui il dito azionò la portentosa macchina.
Tutti gli abitanti come congelati, ovunque si trovassero, in barba alle leggi della fisica e della chimica. Più che mai del mercato azionario e soprattutto dell’ineluttabile, meschino destino, dove in pochi vincono e gli altri, al meglio, applaudono.
Unica facoltà concessa agli umani fu quella di guardare e ascoltare tutti gli altri.
Connessi davvero, altro che social e app.
Cosicché, dallo scoccare del primo secondo del giorno della pausa, ne avevi di immagini viventi da ammirare.
Il capo di un bambino che affiorò dal ventre di una madre, dato che si era parlato giustappunto di maternità. Ma non una madre e un figlio in qualche modo a te vicini, piuttosto tutte le madri e tutti i figli che in quel preciso istante entrarono in scena.
Magari salutando con gioia il primo vagito o struggendosi dal dolore per la totale assenza di quest’ultimo.
Potrei dire come il pubblico in un cinema o innanzi alla tv, ma sarebbe una menzogna, poiché nel giorno della pausa quello che si vide era tutto vero.
Perché si sa, alla verità è sufficiente un istante, solo le bugie hanno bisogno di tempo per palesarsi.
Subito dopo, prendendoci gusto, in molti provarono un immenso piacere scoprendo che la giornata della pausa non era ancora finita.
E allora alcuni videro cosa davvero volesse dire l’attimo presente per il prossimo.
Il momento in cui un tuo simile sale su una barca per venire a chiederti in prestito vita e non il contrario.
Il secondo preciso nel quale i nostri sciagurati governi, ancora una volta, sotterrano nel terreno più fragile il seme dell’odio.
E il prezioso frangente che a ciascuno di noi permetterebbe di soffiare anche il più esile refolo.
Nella direzione giusta.
Chissà, forse alla mezzanotte tutto riprese come prima.
E nessuno dimostrò di aver imparato alcunché da nessuno.
Ciò malgrado, almeno durante la pausa.
Tutti vissero, nessuno escluso.
In pace…


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