Racconti sull'accoglienza: il piano di Babatunde

Storie e Notizie N. 1434

Centinaia di balene sono morte durante la notte sulle rive della Nuova Zelanda dopo uno spiaggiamento di massa considerato il più grande degli ultimi decenni.
La notizia ha fatto il giro del mondo, ovunque si sono diffuse immagini e partecipazione per la tragedia, mentre il personale del Dipartimento della Conservazione e circa 500 volontari sono ora concentrati su come mantenere le balene sopravvissute più sane possibile fino alla prossima alta marea di domani.
Tuttavia, come è sempre stato e altrettanto sarà, non tutti reagiamo alle notizie allo stesso modo…

Di notte, in un’affollata stanza, da qualche parte, in Africa…

“Ragazzi, ho un piano”, fa il piccolo Babatunde,
soli cinque anni, ma una quantità industriale di idee sfornate a più non posso, raramente gradite dai suoi fratellini.
“Un altro?” fa uno di essi, quello più vicino, tra quelli che tentano di riuscire ad addormentarsi. “Ma non ti stanchi mai?”
“Stavolta è buono.”
“Pure l’altra volta”, fa un altro dei ragazzini. “Poi per fortuna hai capito che costruire un sommergibile è roba da fantascienza.”
“No, qui non c’entrano le macchine, è tutto naturale.”
“Fagliela raccontare”, dice il maggiore, “altrimenti stanotte non si dorme.”
“Grazie, fratello.”
“Non mi ringraziare e sbrigati, che ho sonno.”
“Avete presente le balene?”
“Cos’è? Un quiz?” fa il fratellino fissato con gli indovinelli. “Dai, che mi piace.”
“Non è un quiz…”
“Lo fate parlare e soprattutto finire?” salta su nevrastenico il maggiore.
“Magari stavolta è una buona idea…” osserva l’unica sorellina.
“Grazie!”
“Non mi ringraziare”, fa lei. “E’ che io sono ottimista di natura.”
“Ah, capisco.”
“Non capire: racconta!” ordina il più grande.
“Dicevo… cioè, vi chiedevo se avete presente le balene e diamo per scontato di sì.”
“Balene o squali balena?” osserva puntiglioso il vicino di letto. “Perché non sono la stessa cosa…”
“Genio?!” perde del tutto le staffe il più anziano dei fratelli. “Se avesse voluto parlare degli squali balena avrebbe detto squali balena, no?”
“Giustissimo, grazie… e ho capito, non ti devo ringraziare.”
“Bravo, arriviamo al sodo.”
“Ecco, dovete sapere che quando le balene raggiungono le coste degli uomini rosa – i bambini identificano i colori con maggior precisione anche da quelle parti – invece di lasciarle morire o addirittura commentare la disgrazia con odio e indifferenza, arrivano in tanti in soccorso ad aiutarle a sopravvivere e tutti sono solidali e compassionevoli.”
“E quale sarebbe il piano?” chiede la sorellina.
“Semplice. Domani mattina ci tuffiamo e ci facciamo mangiare da una balena. Quindi aspettiamo che arrivi su una spiaggia più fortunata della nostra e mentre gli abitanti sono tutti a cercare di salvarla noi usciamo di nascosto dal…”
“Dal?” chiedono tutti in coro.
“Dalle orecchie, ecco.”
“Da quando in qua le balene hanno le orecchie?” domanda il fratello subito accanto.
“Ce l’hanno per forza”, risponde la sorellina. “Altrimenti come fanno ad ascoltarsi quando cantano?”
“Orecchie o non orecchie, le balene non mangiano bambini”, sentenzia il maggiore. “Questo piano è scemo.”
“Ma il mare sì”, replica l’ideatore del medesimo.
Un silenzio profondo e consapevole segue l’amara risposta.
I fratelli si sforzano quindi di non cedere alla tristezza e ognuno tenta di prendere sonno aggrappandosi all’arma migliore che hanno, ovvero una traballante e incosciente strana forma di immaginazione.
Così, quella notte, partirono dall’Africa bambini con la testa di pesce martello e la coda di delfino, veloci e capaci di rompere ogni muro.
Bambini polipo, in grado di afferrare tutti i doni del mondo dimenticati nel mare.
Bambini medusa belli e urticanti, a cui nessuno potrà più far del male.
Bambini leggeri come l’acqua stessa delle onde, che toccheranno riva ovunque, senza che nessuno possa impedirlo.
Anzi, in molti saranno lì ad ammirarle.
Perché sarebbero soltanto un altro degli infiniti, meravigliosi.
Fragili doni della natura.