Le polpette svedesi sono turche e altre scoperte

Storie e Notizie N. 1573

Il paradosso del nazionalista…

Dice, io sono un uomo di destra, e strilla pure.
Sono per ognuno al paese suo, rimarca subito dopo.
Difendo il prodotto locale, aggiunge con rinnovato vigore, visti i risultati delle recenti tornate elettorali.
I nostri valori e la nostra cultura vengono prima di tutto, chiosa con enfasi.
Magari al riparo di una rassicurante tastiera e al comodo di una poltroncina di Ikea.
Come il tavolo in cucina, i comodini in camera da letto e tutte le nuove mensoline che sono tanto carine per metterci su le graziose cosine.
Giammai dei libri, non sia mai.
Ikea è peraltro svedese, osserva lui, nordica, ariana e bionda come noi, a noi… eccetera.


Ma hanno mentito, gli si fa notare, le polpette che hanno venduto fino a oggi come piatto tipico sono turche…
Lui rimane interdetto, con l’espressione e il cervello in sospeso, come la clessidra del pc laddove la richiesta dell’utente gli imponga un surplus di lavoro.
Quindi, secondo le regole dialettiche del moderno destrorso, prende coraggio e non si arrende neppure all’evidenza.
E allora? Esclama con decisa sfrontatezza.
Poi, di seguito, a totale briglia sciolta.
I numeri sono arabi, okay.
E pure ‘okay’ è inglese.
Il mio cellulare è cinese.
Così come i giocattoli di mia figlia e tanta, tanta roba che c'è in casa.
La tv è coreana, va bene.
Ma il ‘va bene’ è nostro, cribbio.
L’auto nel box è tedesca, confesso.
E il caffè di stamattina viene dal Brasile.
Le banane del consueto frullato a merenda sono del Senegal.
Google, Facebook e Twitter sono americani, come dici tu.
Ma io preferisco Instagram, tie’.
Che è… è americano pure lui, ok… va bene!
Pensi che non lo sappia?
Pensi che non sappia che le mani che puliscono la mia casa vengono dalla Romania?
Che quelle che si prendono cura di mia madre sono polacche?
E che quelle che si ricordano di andare a prendere mio figlio a scuola sono marocchine?
Sì, certo, anche quelle che mi puliscono il parabrezza e che mi riforniscono di benzina al mattino.
E quelle che mi pesano la frutta? Sbagliato, non sono marocchine, bensì, egiziane!
Ma quelle che mi cuciono le Nike sono filippine.
E sono mani piccole, contano pure quelle?
In questo caso ci sono anche tutte le minuscole e innocenti dita che in Africa si occupano di smaltire l’abnorme quantità di roba elettronica di cui mi disfo.
Ma io insisto: e allora?
Il mio cappotto è spagnolo.
E il prete che ascolto a messa è peruviano, cosa c’è di strano?
La birra che ha comprato mia moglie per la partita di domenica è belga.
E le mie mutande sono francesi, ho capito, lo ammetto!
Dove vuoi arrivare, con questo?!
L’uomo si sforza strenuamente di rimanere tutto d’un pezzo, ovvero orgoglioso e testardo come un dito che sostenga di possedere una stella, soltanto per averla puntata in una notte d'agosto.
Quindi, col fiato corto e con l’ultimo residuo di energie, conclude.
Io rimango un cittadino di destra e fiero mi ergo a baluardo della mia terra e dei suoi frutti, affinché la mia nazione non venga contaminata dall’invasione straniera.
Poi, romanamente mi saluta, perché sul gruppo di WhatsApp lo informano che stasera c’è il Bowling e dopo un veloce Spritz tutti a mangiare il Sushi.


Sullo stesso argomento:

Guarda e ascolta il video:

Compra il mio ultimo libro, Carla senza di Noi
Leggi anche il racconto: Sono troppo bella
Compra il primo Ebook della trilogia horror Il medico dei mostri: Il viaggio di Mercurio
Leggi altre storie per riflettere
Ascoltami cantare con la band
  

Visita le pagine dedicate ai libri: