Gestione repressiva dei migranti: il film

Storie e Notizie N. 1623

C’era una volta la scrittura di un film.
Immaginate la scena, come se fosse un film.
Come se fossimo, tutti, dentro un film.
La sala è quella classica di un produttore cinematografico, con la scrivania ricoperta da scartoffie, le locandine alle pareti e qualche premio sullo scaffale.
Niente di troppo elegante e scintillante, non stiamo parlando di un infrangi box-office annunciato.
Ma neppure di un B-movie più o meno arguto, malgrado gli scarsi mezzi.
Figuratevi una pellicola di medio valore, che vada bene per la massa.
Per il popolo.
Anzi, per la gente, con lo scopo di darle ciò che vuole.
Ovvero, questo è il messaggio del trailer e per questo tipo di opere – se così vogliamo chiamarle – la promozione è tutto.
Nondimeno, lo sceneggiatore sta cercando di convincere il finanziatore della bontà dello script.
Per la cronaca, siamo a metà di quest’ultimo.
Ah, dimenticavo il titolo: Migranti.





“Allora, ricapitoliamo”, fa il cacciasoldi professionista, “i due protagonisti sono riusciti finalmente a farsi eleggere leader del governo, giusto?”
“Giusto.”
“Come si svolge la trama, poi?”
“Ecco...” fa l’autore. “È questo il problema. La prima parte è stata facile.”
“Intende quella sulla campagna elettorale?”
“Già, l’ho scritta di getto, senza pensare.”
“Si vede.”
“In che senso?”
“Niente, andiamo avanti.”
“Facile a dirsi...”
L’uomo che paga i conti, che peraltro ha molta più esperienza dell’altro, muove in avanti il busto e si accinge a parlare con tono paternalistico.
“Ascolti, siamo chiari: qual è il succo del programma dei due che gli ha permesso di accaparrarsi i voti decisivi?”
L’altro ci pensa su un attimo, ma niente di più, poiché la domanda è davvero banale.
“Votando il primo sarebbe stato eletto il cittadino comune invece che i soliti politici e mettendo la crocetta sul nome del secondo si sarebbero cacciati gli immigrati.”
“Ed è andata così?”
“Nel film, intende?”
“Certo, ma niente balle, qui, siamo franchi, almeno tra noi.”
“Be’, il primo è tutt’altro che un cittadino qualunque, visto che si tratta del figlio di un ex dirigente di un partito simbolo della vecchia politica, mentre per quanto riguarda il secondo, nel film viene spiegato bene che riesce a convincere gli elettori grazie a un sistema capillare mediatico, soprattutto via social, che diffonde a getto continuo quintali di menzogne e manipolazioni delle notizie sull’immigrazione.”
“Oh, esatto. E cosa vuol dire tutto questo?”
“Che hanno vinto grazie a delle bugie?”
“Mi sembra ovvio, no? Il film lo ha scritto lei, mi sbaglio?”
“No, non si sbaglia.”
“Bene. Ora, sappia che non è il primo sceneggiatore - e non sarà l’ultimo - che mi tocca istruire, mi creda. D’altronde, da che mondo è mondo, l’ultima parola ce l’abbiamo sempre noi altri e lo sa qual è?”
“No, ma sono convinto che stia per dirmelo.”
“La mia firma sull’assegno, giovane.”
“Ho capito.”
“Quindi, tornando al film, lo stallo creativo per il seguito non riguarda il primo leader, poiché oramai la gente che l’ha votato si è convinta che sia un cittadino normale, uno della gente, uno di loro. Lui ci mette anche del suo, facendo ogni tanto delle gaffe clamorose e distinguendosi con delle frasi imbarazzanti, e tutti si sentono rassicurati.”
“È vero!”
“Certo che è vero. Il problema riguarda il secondo, ed era facile da prevedere.”
“Perché?”
“Semplice. Perché è quello che la balla l’ha sparata più grossa.”
“Già...”
“D’altronde la parte introduttiva del film è chiara. Il paese in cui vivono questi due ha enormi quanto irrisolte questioni come la mafia che regna indiscussa per massimo livello di fatturato fuori e dentro i palazzi che contano – soprattutto la seconda – le infrastrutture pericolanti da nord a sud che mettono a rischio quotidiano la popolazione, la corruzione a ogni livello, una spaventosa evasione fiscale, e un debito pubblico crescente in maniera impressionante, per dirne alcune. Questo e molto altro, prima di parlare del presunto problema dei clandestini, i quali sono di un numero modesto innanzi alle altre nazioni di valore confrontabile.”
“Ha ragione, non ci sono i clandestini...”
“Ci sono, non è che non ci sono, ma non sono tanti come è stato mentito. Ora, se il film avrà successo, come io spero, dobbiamo disegnare un finale che prepari il sequel.”
“Vuole dire...”
“Sì, altre elezioni, le regionali, le europee, ecc. E non si può correre il rischio che la gente si accorga che gli immigrati senza permesso di soggiorno sono molti di meno. Potrebbero rendersene conto, finalmente, perfino quelli dell’opposizione...”
“Ho trovato!”
“Vediamo, sono tutto orecchi.”
“Fila perfettamente.”
“Mi dica, sono curioso.”
“Ebbene, se per farsi eleggere la coalizione che aspirava a guidare il paese ingigantiva la reale quantità degli stranieri illegali, una volta eletta – avendone il potere – non deve far altro che creare clandestini dove non ci sono.”
“E come potrebbe farlo? Mi stupisca.”
“Facile quanto logico: attuando una gestione repressiva del fenomeno migratorio, approvando decreti che erodano gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti con l'effetto di aumentare il numero di persone in stato di irregolarità.”
“Ottimo!
È un’idea sua?”
“No, ho preso spunto dalla realtà...”

Per la precisione è ciò che dice riguardo all’Italia il recente rapporto di Amnesty International su La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019.


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