Le pagine perdute
Storie e Notizie N. 1658
Questa storia scaturisce da un pomeriggio di qualche mese fa.
Ero in ritardo, camminavo di fretta, e quando ciò accade tendo a chinare il capo verso il basso, sul marciapiede, spinto a farlo dal timore di inciampare o, al peggio, cadere.
Non mi è mai piaciuta la fretta e, da quando ho memoria, mi sforzo di muovermi da casa in tempo, in modo da godermi il bello di ogni viaggio.
Leggi pure come i numerosi doni che ci attendono lungo il tragitto tra la partenza e l’arrivo.
Ebbene, quel giorno, iniziai a notare in terra le pagine di un libro.
Erano sparse una dopo l’altra, alcune le notai sotto un'auto parcheggiata e altre ancora erano finite in un cespuglio.
Per quanto fossi atteso, mi presi un pugno di secondi per osservarne una da vicino. Mi accovacciai e mi accorsi che la carta era ingiallita, quindi invecchiata.
Non conoscevo il titolo del romanzo, che campeggiava in alto, ma non è importante, qui. Ovvero, lo è immensamente, ma per me, lo tengo per me, spero che non ve la prendiate a male per questo.
Al contrario, vorrei condividere con voi dove mi ha condotto il riflettere su quelle pagine perdute.
Strappate e poi gettate, chissà quando, da chi e più che mai perché.
La prima cosa che ho pensato è che, se non avessi guardato in basso, in quel momento, non mi sarei mai accorto della loro presenza.
Di solito, quando cammino in strada, i miei occhi vagano frenetici sui miei simili e tutti gli esseri viventi si guadagnano quasi sempre la mia massima attenzione.
Sarebbe stato un peccato, giacché in questo modo mi sarei perso lo stimolante fantasticare su chi sia la misteriosa persona e le sue ragioni nel liberarsi di un intero libro, pezzo a pezzo, parola dopo parola.
Di conseguenza, mi sono ritrovato a chiedermi se tale osservazione non celasse una profondità maggiore, magari con una valenza ulteriormente generale e, col passare dei giorni, mi sono accorto che la risposta era affermativa.
La metafora è palese, a mio modesto parere e, probabilmente, è in grado di descrivere in modo esaustivo ciò che sta accadendo un po’ a tutti noi, in questi convulsi e confusi tempi.
L’unica differenza è che per il sottoscritto la fretta è risultata una propizia consigliera, ovvero messaggera di una storia dimenticata e lasciata indietro da invisibili protagonisti.
Nondimeno, trattasi di eccezione alla regola che vede la calma e la noncuranza verso gli altrui affanni a permetterci di scorgere le meraviglie oltre i confini dell’ambito regno del virale.
L’ansia cocente e la cieca ambizione di riuscire a farne parte a ogni costo ci sta tenendo quotidianamente lontani da una miriade di altre pagine dimenticate.
Talvolta sono storie, o come nel caso suddetto, frammenti di esse.
Altre sono veri e propri esseri umani il cui peso nella trama privilegiata è talmente evanescente che per osservarli con la giusta nitidezza occorre uno sguardo talmente ampio da poterne usufruire solo con l’ausilio di tutto lo sforzo e il tempo del nostro cuore distratto.
Spesso, oltre i sacri confini dell’orizzonte artificiale a cui siamo consegnati, ci sono finiti anche brandelli di noi stessi.
Tutti i ricordi che abbiamo erroneamente ritenuto banali.
Coloro i quali abbiamo bollato allo stesso modo, rei di averci solo sfiorato per un fuggevole istante.
Ma soprattutto, il fragile bagaglio di sogni e speranze che troppo presto abbiamo liquidato come infantile o addirittura pericoloso.
Ebbene, che sia per merito della fretta, piuttosto che la calma.
Mi auguro che anche voi altri abbiate ogni tanto la fortuna di ritrovare qualcuna.
Delle vostre pagine perdute...
Questa storia scaturisce da un pomeriggio di qualche mese fa.
Ero in ritardo, camminavo di fretta, e quando ciò accade tendo a chinare il capo verso il basso, sul marciapiede, spinto a farlo dal timore di inciampare o, al peggio, cadere.
Non mi è mai piaciuta la fretta e, da quando ho memoria, mi sforzo di muovermi da casa in tempo, in modo da godermi il bello di ogni viaggio.
Leggi pure come i numerosi doni che ci attendono lungo il tragitto tra la partenza e l’arrivo.
Ebbene, quel giorno, iniziai a notare in terra le pagine di un libro.
Erano sparse una dopo l’altra, alcune le notai sotto un'auto parcheggiata e altre ancora erano finite in un cespuglio.
Per quanto fossi atteso, mi presi un pugno di secondi per osservarne una da vicino. Mi accovacciai e mi accorsi che la carta era ingiallita, quindi invecchiata.
Non conoscevo il titolo del romanzo, che campeggiava in alto, ma non è importante, qui. Ovvero, lo è immensamente, ma per me, lo tengo per me, spero che non ve la prendiate a male per questo.
Al contrario, vorrei condividere con voi dove mi ha condotto il riflettere su quelle pagine perdute.
Strappate e poi gettate, chissà quando, da chi e più che mai perché.
La prima cosa che ho pensato è che, se non avessi guardato in basso, in quel momento, non mi sarei mai accorto della loro presenza.
Di solito, quando cammino in strada, i miei occhi vagano frenetici sui miei simili e tutti gli esseri viventi si guadagnano quasi sempre la mia massima attenzione.
Sarebbe stato un peccato, giacché in questo modo mi sarei perso lo stimolante fantasticare su chi sia la misteriosa persona e le sue ragioni nel liberarsi di un intero libro, pezzo a pezzo, parola dopo parola.
Di conseguenza, mi sono ritrovato a chiedermi se tale osservazione non celasse una profondità maggiore, magari con una valenza ulteriormente generale e, col passare dei giorni, mi sono accorto che la risposta era affermativa.
La metafora è palese, a mio modesto parere e, probabilmente, è in grado di descrivere in modo esaustivo ciò che sta accadendo un po’ a tutti noi, in questi convulsi e confusi tempi.
L’unica differenza è che per il sottoscritto la fretta è risultata una propizia consigliera, ovvero messaggera di una storia dimenticata e lasciata indietro da invisibili protagonisti.
Nondimeno, trattasi di eccezione alla regola che vede la calma e la noncuranza verso gli altrui affanni a permetterci di scorgere le meraviglie oltre i confini dell’ambito regno del virale.
L’ansia cocente e la cieca ambizione di riuscire a farne parte a ogni costo ci sta tenendo quotidianamente lontani da una miriade di altre pagine dimenticate.
Talvolta sono storie, o come nel caso suddetto, frammenti di esse.
Altre sono veri e propri esseri umani il cui peso nella trama privilegiata è talmente evanescente che per osservarli con la giusta nitidezza occorre uno sguardo talmente ampio da poterne usufruire solo con l’ausilio di tutto lo sforzo e il tempo del nostro cuore distratto.
Spesso, oltre i sacri confini dell’orizzonte artificiale a cui siamo consegnati, ci sono finiti anche brandelli di noi stessi.
Tutti i ricordi che abbiamo erroneamente ritenuto banali.
Coloro i quali abbiamo bollato allo stesso modo, rei di averci solo sfiorato per un fuggevole istante.
Ma soprattutto, il fragile bagaglio di sogni e speranze che troppo presto abbiamo liquidato come infantile o addirittura pericoloso.
Ebbene, che sia per merito della fretta, piuttosto che la calma.
Mi auguro che anche voi altri abbiate ogni tanto la fortuna di ritrovare qualcuna.
Delle vostre pagine perdute...