Di patrioti, patrimoni dell’umanità e futuro

Storie e Notizie N. 1662

Ascolta.
Ascoltaci.
Presta ascolto e rifletti con attenzione sui pubblici discorsi dei leader più celebri.
Se non altro, maggiormente citati, condivisi, taggati o solo trollati.
Il risultato è l’istesso, oggigiorno, e lo sai. Giacché malgrado la tua fama si debba solo a un mucchio di insulti virali e clamorosi abusi di potere - tipo quello di permettere a tuo figlio di fare un giro con una moto d’acqua appartenente allo Stato - sappi che allora come oggi l’importante è che se ne parli.
Indi per cui, prendi nota: il futuro è dei patrioti.
Già, hai sentito bene e compreso meglio, spero.
Inoltre, tieni a mente anche questo: un luogo straordinariamente unico sul pianeta terra come la foresta amazzonica non è patrimonio dell’umanità.
Esatto, le parole sono proprio codeste.
Ergo, di conseguenza, ovvero, coerentemente su questa scia, finiamola una volta per tutte con il pensare e agire in maniera collettiva e collaborativa.
Basta sforzarsi di unire e mediare, incontrarsi a metà strada e cercare punti comuni con i quali compensare e, soprattutto, minimizzare le conflittuali differenze.
Tutto ciò appartiene al passato.
Il futuro è nel confine, amico sovranista.
Amico
E chi ti conosce?
Diciamo sovranista, punto.




A ogni modo, sappi che la nuova alba sarà solo per noi altri, custodi del personale orticello.
Solo se saremo compatti nel mescolarci unicamente tra consanguinei potremo…
No, aspetta, questa è troppo, ancora non siamo giunti a questo punto. Ma ci arriveremo, vedrai, anche perché quella fantomatica caccia alle streghe sulle conseguenti malattie la cancelleremo con decreto legge lampo in pieno agosto.
Intendevo tra cittadini comprovati dal sacro bollo normativo attestante l’appartenenza alla medesima nazione.
A meno di stravolgimenti delle linee continue sulla cartina geopolitica, è chiaro.
In quel caso, per anticipare possibili contraddizioni, torna al punto uno, ma rimani sul generico: il futuro appartiene a noi.
Noi chi? Potresti domandare. E già se lo chiedi vuol dire che sei uno di quelli, perciò, favorisci documento, permesso di soggiorno o patente di clandestinità, poi vediamo se parli ancora.
Al contrario, esulta.
Perché noi sopravvivremo.
Grazie a una parolina contenuta in… noi.
No.
L’arte della negazione è la nostra arma più potente, altro che petrolio, fucili e dati personali.
La foresta dell’Amazzonia non è patrimonio dell’umanità, s’è detto all’inizio.
Ma c’è di più.
La temperatura della terra non sta aumentando.
I ghiacciai non si stanno sciogliendo.
Il livello dei mari non si sta alzando.
L’acqua non sta finendo.
La desertificazione del pianeta non sta affatto avvenendo.
Così via disconoscendo e, infine, non ci sono più le mezze stagioni… ops, no, ci sono! Ovvero, non è vero che non ci sono più, ecco. E non tirate in ballo la vostra logica radical chic secondo la quale due negazioni si annullino, perché è facile parlare quando leggi libri, ti documenti e ti informi, approfondisci i temi, impari le lingue straniere, fai viaggi culturali, visite di valore storico e parli con la gente diversa da te.
Il mondo reale, della gente vera, è quello di noi altri, della difficile vita di chi ha capito tutto restando chiuso dentro casa e incessantemente incollato al monitor a digitare senza risparmio sempre la stessa, breve parola.
No.
Non è come dite voi.
Le cose non sono complesse come affermate.
Non c’è alcun motivo di preoccuparsi.
Nè del clima rovente e tantomeno delle foreste in fiamme.
Perché non è la nostra verità a bruciare, ma la vostra.
Non ne vale la pena, in ultima analisi, di spostare l’attenzione da se stessi per chicchessia.
A ogni modo, nel qual caso desideriate ostacolare il nostro cammino e sostituirvi a noi, be’, visto quanto in alto siamo arrivati per farci udire, nel futuro sul quale abbiamo già affondato i nostri artigli dovrete fare qualcosa di più e meglio che limitarvi a scrivere e urlare l’acqua scarseggia, gli iceberg scompaiono e gli oceani si sollevano...


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