Il leone e le zanzare

Storie e Notizie N. 1666

In una casa, su questo pianeta, da qualche parte.

Padre e figlio si ritrovano a cena in cucina dopo essersi perduti al mattino nei rispettivi cammini, entrambi alimentati dall’incrollabile fiducia nella convinzione che comunque la giornata vada, alla fine del percorso l’uno ci sarà per l’altro.
Perché l’uno per l’altro, per sempre, è esattamente ciò che avrebbe desiderato anche Hanna, moglie e madre lasciata alle spalle, durante l’ennesimo viaggio verso la sopravvivenza promessa, ancor prima che la terra.
Yohaness ha dieci anni e gli occhi, di grandezza e profondità nutrite da cocente brama di leggerezza, lo confermano.
Al contempo, però, le spesse rughe che talvolta increspano la fronte suonano fuori tempo rispetto alla necessaria giovialità del volto.
È un vero peccato, ma è il prezzo che paga chi viene costretto a sperimentare le ruvidità della vita in anticipo sul naturale tragitto. E, d’altra parte, si può sborsare tale ingiusto pedaggio in modi ben peggiori.
“Cos’hai?” chiede Efrem al figlio. “Sei particolarmente pensieroso, stasera.”


Il bambino manda giù un altro sorso di minestra e poi, con gesto teatrale, posa il cucchiaio sul tavolo.
Consapevole dell’importanza del momento, il papà fa lo stesso e si appoggia allo schienale della seggiola, allargando allo spasimo orecchie e cuore, come se le prime fossero direttamente connesse con il secondo.
“Oggi la maestra ci ha letto una favola di Esopo, uno scrittore della Grecia antica.”
“Bello. Ma perché quella faccia? Non ti è piaciuta?”
“Sì, mi è piaciuta molto.”
“E allora cosa c’è che non va?”
“È per ciò che ha detto la maestra subito dopo.”
“Cosa ha detto?”
“Ci ha spiegato che le favole sono molto importanti e, per quanto piene di fantasia e roba inventata, ci insegnano cose che hanno a che fare con la realtà di ogni giorno, anche oggi. Pure se sono state scritte tanto tempo fa. Si devono ascoltare con attenzione e pensarci su con calma, ha aggiunto, per capire meglio cosa c’entrino con la nostra vita.”
“È vero, la tua maestra ha perfettamente ragione. Quale favola ti ha letto?”
La fronte di Yohaness è sempre aggrottata, ma il suo viso si fa meno teso, poiché ha avuto l’ennesima conferma che il papà è lì, del tutto presente al consueto appuntamento serale, prima di affidare il timone della nave al meritato sonno.
La zanzara e il leone, questo è il titolo.”
“Non la conosco. Me ne parli?”
Con immenso piacere, è la sottintesa risposta.
“In pratica c’è una zanzara che sfida il leone per dimostrare chi sia il più forte. Solo che quando fanno il duello, davanti a tutti gli altri animali, l’insetto si posa sul muso del re della foresta e lo punge più volte, mentre il leone non fa che colpirsi da solo e ferirsi, cercando di allontanarla. Così la zanzara vince la sfida, ma distratta dalla gioia per il trionfo viene intrappolata da una ragnatela. Sta per essere assalita dal ragno quando arriva proprio il leone e la salva.”
“Bella, davvero bella. Sembra una delle nostre storie, di quand’ero piccolo io...”
“Anche la morale della favola è bella, papà. Insegna che non bisogna essere troppo spavaldi perché, esattamente quando ti convinci di essere invincibile, non ti accorgi dei piccoli ostacoli e… come ha detto la maestra? Ah, finisci a gambe all’aria.”
“Giusto, lo ripeto, è una bellissima favola. Ma allora perché sei così giù?”
“Perché più tardi ci ho pensato su con calma e ho capito cosa c’entri con la nostra vita. Cioè, la mia.”
“Dimmi tutto, allora. Cos’hai capito?”
Gli inestimabili occhi di cui sopra si espandono e si inumidiscono, segno che c’è in gioco qualcosa di vulnerabile, oltre che serio. Di conseguenza, Efrem si muove in avanti con il busto e avvicina il proprio volto a quello del figlio.
“Ho capito che noi altri non siamo più leoni. Forse un tempo lo eravamo in Africa. Di sicuro lo eri tu, papà. E anche mamma. Ma qui siamo altro, io sono altro e devo ancora capire di cosa si tratti. Ma le zanzare... quelle sono sempre le stesse, ovunque. Il loro ronzio sono le parole cattive e gli sguardi di odio con cui ci aggrediscono tutti i giorni. Solo che non hanno mai il coraggio di sfidarci da sole, lo fanno sempre in tante. Inoltre non si limitano a colpirci sul nostro naso ma su tutto il corpo, fuori e dentro. Soprattutto dentro. E cercando di proteggerci spesso ci facciamo male da soli, quello sì che è come nella favola. Qualcuna finirà pure a gambe all’aria, ma la maggior parte non le ferma nessuno e secondo me anche il ragno si è ormai arreso.”
Efrem è profondamente colpito dalle parole di Yohaness e si chiede se ha una una vaga idea di cosa sia una metafora, visto che ne ha appena fatta una.
Ora è il suo sguardo ad ampliare i propri confini e si commuove. Perché, metafora o meno, le parole del bambino lo riguardano personalmente nello stesso identico modo.
Da quando hanno perso Hanna non sono mai stati così vicini, anima che sfiora anima, rispettive sensazioni che si fondono e orizzonte che si fa meravigliosamente comune.
Leggi pure come la nostra, insopprimibile storia per il futuro.
“Sai una cosa, Yohaness?”
“Cosa?”
“Pure quello che hai pensato tu è come una favola. E come hai fatto con quella di Esopo, anch’io intendo rifletterci su con calma per capire cosa c’entri con la nostra vita, con la mia.”
“Bravo, papà.”
“Però una cosa possa dirtela già ora.”
“Che cosa?”
“Il fatto che qui sei altro, ma non hai ancora capito cosa sia, è la tua più grande forza.”
“Perché?”
“Perché a differenza delle vili zanzare, dei ragni che si arrendono, degli ex leoni come me e di tutti gli altri, verrà il giorno in cui potrai essere tutto ciò che vorrai, figlio mio.”


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