Se la foresta è così bella è perché noi siamo qui

Storie e Notizie N. 1897

C’era una volta un problema. Un problema a dir poco enorme. C’è ancora, a dirla tutta, ed esiste da tanto. Alcuni sostengono che risalga a più di duecentomila anni fa. Altri addirittura il doppio. Indi per cui, pensate un po’. Immaginatevi quanto si è ingigantito e diffuso ovunque con il passare del tempo, rendendo la sua soluzione inesorabilmente più difficile. Prendi il Congo, per esempio. Punta l’obiettivo della parte più ragionevole del tuo cervello sulla preziosa foresta pluviale all’interno del suddetto stato africano e allarga l’inquadratura, facendo al contempo lo stesso con la tua curiosità. Perché l’argomento è urgente a ogni latitudine, nessuno si senta troppo lontano. Ecco, lo vedi il villaggio di Seh? E, soprattutto, le vedi quelle persone? Sì, è proprio come credi. Sono indigeni, malgrado dalle nostre parti generazioni intere, incolte e superficiali, abbiano associato tale termine a significati fuorvianti e perfino profittevoli. Mi riferisco a selvaggi, incivili o peggio. Invece, stavolta seguiamo l’accezione esatta quanto coerente, nonché rispettosa dei diritti altrui: nativi, autoctoni, e per esteso, ivi nati e cresciuti. Lì rimasti, convinti e affezionati alla terra come i suoi frutti. E non necessariamente per ingenua ignoranza dei presunti magici doni del vivere moderno. Perché se è vero che taluni sono costretti a lasciare affetti e patria per ritrovare a nord del mondo il futuro che gli è stato sottratto, altri scelgono la vita che hanno. E la loro esistenza coincide esattamente con il luogo che li ospita e li nutre. Adesso ascolta la voce di uno di costoro. Si chiama Josi e parla ufficialmente a nome del suo villaggio, i cui abitanti appartengono al popolo dei Baka, che a sua volta appartiene a un gruppo etnico di cui forse hai sentito parlare per la particolare altezza, ovvero i pigmei, ma che a loro volta fanno parte di un insieme ulteriormente vasto e fondamentale. Dicesi umanità, ma di solito tendiamo un po’ tutti a dimenticare quest’ultimo frammento della storia degli insiemi. Josi è arrabbiato e, dal suo punto di vista, non ha tutti i torti. Egli afferma – raccontando l’accaduto a funzionari delle Nazioni Unite - che le guardie forestali del governo lo hanno aggredito accusando lui e la sua gente di aver cacciato illegalmente nella foresta. Ciò nonostante, pur non avendo trovato alcuna prova, i rangers li hanno malmenati e perfino abusati. Ma la cosa che aggiunge scalpore è la denunciata complicità del WWF in tali riprovevoli incursioni. A questo punto espandiamo ancora un po’ l’orizzonte dei fatti e facciamo entrare nell’inquadratura il progetto per la realizzazione di un parco nella zona di Messok Dja. Un’area protetta, come si suol dire. Incontaminata. Dove gli animali, le piante e la natura tutta possano sopravvivere al riparo dell’ottusa mano dell’uomo. La mano dell’uomo, già. Ma di quale uomo stiamo parlando? Dal 2007 tale iniziativa ha ottenuto finanziamenti di decine di milioni di dollari da parte di diversi attori, tra cui il WWF, ma pure l’Unione Europea e gli Stati Uniti, e anche aziende che commerciano olio di palma, per non farci mancare nulla. Be’, da che mondo è mondo, ovvero da più di duecentomila anni a questa parte, o forse addirittura il doppio, è ormai arcinoto che qualora il più megalomane bipede sulla terra, dal cuore piccolo e la coscienza miope, investe sforzi e più che mai denaro in qualcosa non ne viene mai qualcosa di buono per il resto del pianeta. Ecco perché quando le parole degli indigeni - ma tu leggi pure come gli occhi che hanno imparato a scoprire e amare ogni colore, le mani che hanno saputo accarezzare l’acqua con devozione e il respiro che si fa tutt’uno con quello del mondo – si levano tonanti a difesa delle naturali ricchezze di cui sono autorevoli custodi, vanno ascoltate con religioso silenzio: “La foresta è la nostra casa. Facciamo affidamento su di essa per vivere. Ma voi avete rubato la nostra foresta. Cosa faremo? Come sopravviveremo? Non capiamo perché non vieni da noi per il ricevere il nostro consiglio e la nostra guida su come proteggere la nostra foresta. Non ci avete pensato? Se la foresta è così bella è perché noi siamo qui.”

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É uscito il mio nuovo libro: A morte i razzisti