Le fastidiose domande della vocina interiore
Storie e Notizie N. 2029
Lo sapevo. E me l’avevano anche detto, sapete?
Guarda che se continui a trascorrere la maggior parte del tuo tempo a scrivere storie e a recitare, ma soprattutto a preferire la lettura dei romanzi e gli spettacoli teatrali al mondo reale, finirai per farti distrarre dalle voci nella tua testa a discapito di quelle all’esterno.
D’altra parte, oramai sono ben oltre il classico punto di non ritorno e qua dentro, più che una voce, è un vero e proprio coro greco.
Ce n’è una in particolare che nelle ultime settimane si è fatta assordante.
Ve ne voglio parlare, perché ho bisogno di capire se il suo discorso ha uno straccio di fondamento o meno.
A ogni buon conto, invece di partire dall’inizio cominciamo dalla fine, ovvero da oggi.
Avete presente la terribile strage alla scuola elementare di Uvalde, in Texas?
Ebbene, la vocina di cui sopra – non so bene se chiamarla madama coscienza oppure grillo rompiscatole, poi ci penserò – già da ieri ha preso a borbottare in modo assai fastidioso, a dirla tutta. Perché mentre la porzione più ottimista della mente del sottoscritto, inorridita dall’ennesima mattanza, per giunta in buona parte di bambini, ha apprezzato se non altro le indispensabili dichiarazioni sulla pazzia delle armi in America, la suddetta vocina ha invece espresso tutto il proprio disincanto e la sentita frustrazione innanzi a quella che ha definito un’ipocrisia istituzionale, la quale ogni giorno che passa dimostra quanto si possa portare in alto il livello della doppiezza.
Ho cercato di zittirla, ci ho provato, perché ho un’età e stare sempre a rimuginare o far polemica su tutto logora assai. È molto più facile unirsi al cordoglio dei più, che staccarsi dal corteo per esprimere rabbia invece che commozione.
E cosa fa lei? Rincara la dose in modo massiccio, puntando un dito accusatorio su di me: proprio tu non riesci a cogliere la falsità di tutto ciò? Proprio tu non vedi quanto tale cinica finzione sia ormai trasversale e globale?
La prova di ciò che sostengo, prosegue la nostra, ovvero dell’assoluta assuefazione alla cultura della violenza della società attuale, e dell’ormai cronica incapacità neanche a narrarne i nefasti effetti, figuriamoci affrontarli, ci è passata davanti agli occhi in appena dieci giorni.
Dieci giorni? Mi chiedo, ovvero le chiedo.
Dieci giorni esatti, risponde lei. Per la precisione dal 14 maggio scorso, quando un diciottenne, la stessa età dell’omicida in Texas, è entrato in un supermercato a Buffalo, nello Stato di New York, e accecato dall’odio verso i neri e dalla follia del cosiddetto suprematismo bianco ha ucciso dieci cittadini afroamericani.
Tuttavia, prosegue l’irritante vocina, hai notato come la notizia è stata trattata il giorno successivo dalla stampa? Prendi ad esempio le prime pagine dei quotidiani di casa nostra, concentrandoci su quelli più letti come il Corriere o La Repubblica. Il primo le concede un trafiletto in alto e il secondo neanche quello.
D’altra parte, spostandoci nella nazione di casa delle sciagure, limitandoci al solo New York Times, nell’edizione dello stesso giorno della strage del supermercato non v’è traccia perché interamente riservata a un bilancio dell'epidemia e occorre aspettare il lunedì per trovarne menzione in prima.
Ma certo, obietto io, è perché era domenica e si sa, la domenica è il giorno del riposo e della quiete, delle scampagnate e dello svago in famiglia. Nessuno vuole rovinare tale sacro idillio, un classico dello stivale, ma anche negli USA.
Davvero? Fa impietosa la mia petulante amica. Peccato che il lunedì qui ci trovi sempre e solo un misero trafiletto in basso a destra e qua, di nuovo, neanche l’ombra. D’altra parte c’è da festeggiare lo scudetto del Milan, scherziamo? Per una cosa del genere si possono mettere da parte i morti in Ucraina e i vari tumori di Putin, figuriamoci un trascurabile pugno di neri assassinati.
A questo punto mi ammutolisco e mortificato le lascio la parola con un’espressione arrendevole.
Ecco, conclude lei, perché laddove osservo il ben più imponente spazio che oggi il Corriere, La Repubblica e lo stesso New York Times hanno dedicato all’attentato della scuola elementare, nonché le solite chiacchiere di facciata sul controllo delle armi e altre menate propagandistiche prive di sincerità, non credo a una singola parola o lacrima.
Perché se davvero provi dolore e compassione per la scomparsa di creature innocenti o reale indignazione per la violenza legalizzata, non fai alcuna differenza tra una morte e l’altra, così come tra una guerra e l’altra, per tornare in tema d’attualità.
Dannata vocina, è riuscita ancora una volta a lasciarmi sommerso da pruriginose domande, invece che rassicuranti risposte...
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