Licenziamoci tutti

Storie e Notizie N. 2025

Signore e signori, codesta mia pubblica – nelle immodeste aspirazioni – esortazione a tirarsi fuori dalla folle mischia potrebbe iniziare con una singola, poderosa esclamazione: licenziamoci!
Ovvero, secondo una delle più abusate, recenti espressioni: nessuno tocchi Dimitri. E stavolta non si tratta di una di quelle campagne social a difesa del personaggio di turno vittima di mediatico linciaggio, che talvolta diviene più una ragione di vanto che reale sofferenza.
Stiamo parlando di un vero soldato e per giunta russo.
Stiamo altresì parlando di uno dei molti giovani che stanno avendo il coraggio di dire di no ai propri superiori, leggi pure come gli ufficiali, o anche i caporali del grande Totò.
Chiaro il concetto? Il coraggio, ripeto, di togliersi la divisa invece di indossarla in fretta e furia, magari perché costretti, andando in contro a tutto quello che ne consegue.
Quando ad aprile gli hanno presentato l’eventualità di doversi preparare per un secondo dispiegamento in Ucraina, Dimitri non ha avuto alcuna remora ad affermare di avere paura, lui e anche i suoi compagni.
Mi spiego? Il coraggio di ammettere di aver paura.
Una volta in Russia il nostro ha dichiarato senza alcuna esitazione: “È diventato presto chiaro che non tutti erano d'accordo con questa ipotesi. Molti di noi semplicemente non volevano tornare indietro (in Ucraina, N.d.T.).”
Perché Dimitri? Domanda il sottoscritto.
Perché mai, soldato? Potrebbe fare altrettanto uno a caso dei suoi guerrafondai concittadini, strenuo sostenitore della gloria di santa madre Russia.
Perché, ragazzo mio? Immagino gli chiederebbe non meno basito niente di meno che Cirillo I, patriarca di Mosca.
La risposta di Dimitri è quanto mai tranchant, presumo: “Voglio tornare dalla mia famiglia, e non in una bara.
Perché voglio vivere, perché sono ancora giovane e ho ancora tutto davanti, aggiungo io. E perché, spiega l’interessato assai meglio di me, secondo la Russia questa non è una guerra, bensì un’operazione militare. Indi per cui non è prevista una pena particolarmente severa, come ad esempio l’arresto o peggio, ma al massimo il licenziamento.
E allora sapete che ha risposto il soldato Dimitri?
Io mi licenzio.
Non ho nulla di cui vergognarmi”, ha aggiunto. “Non siamo ufficialmente in stato di guerra, quindi non potrebbero costringermi ad andare.”
Già, perché non c’è nulla di cui vergognarsi qualora ci si rifiuti di imbracciare le armi.
Non c’è vergogna nel dire no, tutt’altro.
Solo coraggio, già.
Buon senso, esatto.
Sanità mentale, proprio così.
E quanto mai umana dignità, dopo ben due guerre mondiali e un centinaio di altri conflitti sanguinosi in tutto il pianeta, alcuni ancora in atto.
Certo, non è così facile prendere tale posizione ed è dimostrato a prescindere dalla barricata in cui ci si trovi, in tempo di battaglia o anche di presunta pace.
Nondimeno, come ha dichiarato l’avvocato di Dimitri e di tutti gli altri suoi valorosi ex soldati, possono minacciarti quanto vogliono ma tu, se lo vuoi, puoi semplicemente dire di no.
Licenziamoci tutti, allora, dico io.
Licenziamoci dallo starnazzante frastuono delle chiacchiere su tutto per non dir nulla. Lasciamo alle spalle le ottuse urla degli assetati di sangue e lacrime e torniamocene ad abbracciare a oltranza i nostri cari, per impegnarci a lottare lì dove si è rifugiata la vita.
Credo che oggi sia davvero il gesto più coraggioso che una persona possa fare.


Vieni ad ascoltarmi sabato 21 maggio 2022 alle 16.00 a L'isola del tesoro, Trebbo (BO)

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