Vittime delle nostre abitudini

Storie e Notizie N. 2075

La compagnia petrolifera francese TotalEnergies e quella cinese China National Offshore Oil Corporation sono i principali finanziatori del discusso oleodotto dell’Africa orientale, il quale in base a recenti studi produrrà ingenti quantità di anidride carbonica, 379 milioni di tonnellate di inquinamento da riscaldamento climatico, ovvero più di 25 volte le emissioni annuali combinate di Uganda e Tanzania, le nazioni ospitanti. Al contempo il petrolio verrà come al solito esportato e venduto all’estero. Il tutto a conferma di ciò che sostiene Martin Griffiths, responsabile della sezione umanitaria delle Nazioni Unite riguardo ai danni subiti da popolazioni africane come la Somalia, vittime delle nostre abitudini, mentre la maggior parte dei 100 miliardi promessi nel 2009 dai paesi ricchi per contrastare il cambiamento climatico si è come dileguata nelle molte tasche, maniche e borselli dei vari soggetti intermedi deputati alla consegna dei fondi.

C’era una volta noi. O anche quelli, quegli altri, fate voi.
Fate, voi che potete, noi che potremmo, loro che non possono di certo, e così via declinando a seconda del grado di fortuna alla nascita.
Nondimeno, per esigenze narrative semplifichiamo il soggetto in Noi.
Noi che viviamo un po’ tutti allo stesso modo, diciamolo. Se non altro, è quasi identico ciò a cui aspiriamo nel grande riconoscibile mondo dell’agire in barba alle conseguenze.
Una volta era sufficiente accendere la TV e osservando soprattutto le pubblicità, allorché entrava in scena la famiglia o anche il singolo cittadino medio protagonisti dello spot, avevi ben chiaro quale fosse il sogno: la villetta a un piano o addirittura due col prato ben curato di fronte, dài, con il vialetto sino al garage subito accanto e l’amaca sul retro. Magari pure la piscina, su, ma protetta dallo steccato e da un fedele cane che negli anni contava sempre più come guardia che compagnia.
Col passare del tempo, al netto degli aggiornamenti più o meno tecnologici, l’ambìto scenario non è cambiato di tanto. E sai cos’è rimasta altrettanta immutata? La nostra idiosincrasia a riflettere anche solo per un secondo su chi subisca le nostre azioni, dalle più semplici e quotidiane, sino a quelle maggiormente pianificate e perfezionate.
A riprova di ciò, partendo in ordine sparso dalle banalità, sin da bambini noi camminiamo, corriamo o restiamo anche immobili sul posto ignorando, calpestando o perfino uccidendo di tutto, dalle formiche a qualsiasi tipo di insetto, dai fili d’erba ai fiori e ciascuna pianta, fino alle impronte lasciate da chi ci ha preceduto, le quali sono lì anche per avvertirci se sia il caso di ripetere il tragitto o tornare sui nostri passi.
A proposito di fiori, noi afferriamo e strappiamo senza alcuna considerazione per la parte che resta monca alle nostre spalle con una sorta di punto interrogativo sulla testa a chiederci: ma perché fate questo? Cosa vi abbiamo fatto di male? E, soprattutto, dove state correndo così di fretta da non avere neppure instante per voltarvi indietro?
Che domande, verso la villetta del sogno di cui sopra, è ovvio.
Nel frattempo, noi consumiamo voracemente il necessario come il superfluo senza ormai alcuna soluzione di ragionevolezza, più che continuità, come se maciullare roba tra i denti e farla scivolare lungo l’esofago per digerirla, per poi trarne una qualche forma di nutrimento o avvelenamento, sia diventato un esercizio fine a se stesso. Alla stregua di una specie di tic ossessivo con l’illusione di poter sedare ataviche ansie e ancestrali angosce.
Tuttavia, dal momento che ciò che stiamo trascurando, schiacciando o addirittura assassinando, afferrando, mozzando e quotidianamente divorando sono esseri umani in poca carne e quasi solo ossa, il più delle volte donne e bambini, riuscendo comunque a ottenere le chiavi della famigerata villetta, come è possibile riuscire a chiudere la porta e a dimenticarlo? Bisogna fare qualcosa per rimediare a tale inaccettabile problema di memoria, se non di consapevolezza. Forse si dovrebbero trasformare i marciapiedi e le strade delle nostre città in monitor o specchi attraverso i quali osservare i volti delle vittime delle nostre abitudini. In modo da aver chiaro in ogni istante sopra le vite di chi stiamo passando per arrivare alla fine dell’arcobaleno…

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