Salute della democrazia in parole e numeri
Storie e Notizie N. 2097
Come quasi tutti, nel mio caso per ragioni di studio, passione e lavoro, ho viaggiato sin qui navigando tra parole e numeri.
Nel quotidiano di ciascuno di noi, a seconda delle occasioni prevalgono le prime o i secondi. In generale, in base al caso o a un preciso disegno, in accordo alle opportunità della maggioranza o all’interesse dell’uno a discapito di quest’ultima come sovente accade in una... democrazia, guarda un po’, ma del tipo moderno.
In questa breve mia partirò dalle parole, ovvero quelle che in questi giorni sono state utilizzate per commentare i fatti dell’8 gennaio scorso in Brasile, dove i sostenitori di Bolsonaro – attualmente in Florida per motivi di salute – hanno assaltato alcuni luoghi governativi come la Corte Federale Suprema, il palazzo presidenziale e il parlamento, in modo simile a ciò che era accaduto a Capitol Hill con i supporter di Trump.
In particolare, mi interessa proprio il tema della democrazia, ovvero il suo attuale stato di salute.
A ogni modo, in prima istanza c’è chi afferma che le suddette proteste dimostrano che a minacciare la democrazia è la destra eversiva, non il populismo.
Peccato però che a scatenare l’inferno nella capitale brasiliana siano stati proprio i seguaci di uno dei maggiori leader populisti degli ultimi decenni, così come è stato per Trump. Quindi, come mi capita talvolta, le parole mi confondono e i dubbi aumentano. Per esempio, è la folla dei seguaci del leader populista a essere eversiva o è il leader eversivo ad aver sobillato i suoi populisti ammiratori?
Allora, per comprendere meglio le cose passo ad altro editoriale e leggo: Dopo l'assalto in Brasile. Il motore del populismo a destra è il complottismo non il fascismo.
Per mia natura, la confusione aumenta in modo esponenziale e proporzionale al numero di "ismi" nella stessa frase, ma ci provo lo stesso a intendere il concetto: la folla populista fedele all’eversivo leader – o anche il contrario, pare che il risultato non cambi, un tentato colpo di Stato ovvero prove per lo stesso – è alimentata dal complottismo e non dal fascismo.
Okay, ma sono ancora più confuso di prima, perché – alla stregua di Trump – le politiche di Bolsonaro sono state ovunque e ampiamente definite di stampo autoritario e neofascista.
In ogni caso, ricapitolando, il populismo non c’entra con le proteste, le quali sono una conseguenza dell’eversione dei facinorosi, nonché ex elettori del leader populista il cui neofascismo non ha alimentato il populismo di questi ultimi, perché è tutta colpa delle teorie complottistiche. Ma le teorie di chi? No, perché se poi salta fuori che a diffonderle per primi sono stati proprio i leader populisti, allora ditelo, perché è come un gatto che si é già mangiato se stesso per intero, altro che coda.
Venendo alle condizioni di salute della democrazia le opinioni che ho trovato non aiutano, perché se per alcuni ciò che è accaduto in questi giorni e in precedenza negli USA ci dice che non se la passa affatto bene, per altri addirittura l’assalto in Brasile prova esattamente il contrario, perché in passato sarebbe potuto accadere molto di peggio e invece tutto sommato è andata di lusso. Che vuoi che sarà una folla di scalmanati che viola gli spazi in cui il governo e i cittadini eletti esercitano il proprio ruolo, con la polizia che si fa i selfie durante la rivolta e il governatore in carica che viene rimosso dal tribunale per le sue responsabilità sull’accaduto.
Con la confusione che non diminuisce, mi decido finalmente a mettere da parte le parole e chiedo aiuto ai numeri, che quando lavorano insieme alle prime, in parti auspicabilmente armoniose ed equilibrate, vien fuori quasi sempre qualcosa di semplice e lucido.
Prendiamo ad esempio il nostro Paese, che è quello che ci interessa di più per ovvie ragioni. La nazione dove in questo momento, ma tu guarda il caso o forse no, le redini sono in mano a leader vicini, amici e solidali ai due galantuomini di cui sopra.
Ebbene, se ci limitiamo a osservare l’andamento delle elezioni politiche dal ‘48 alla tornata dell’anno scorso, è possibile notare come l’affluenza sia stata intorno al novanta per cento sino ai primi anni ‘90, che guarda caso coincidono con la discesa in campo di Silvio Berlusconi. In seguito, dalla legge elettorale Mattarella alla recente Rosato, passando per la "porcata" di Calderoli, il numero dei votanti è continuato a scendere in modo preoccupante, raggiungendo il minimo storico del 63,91% del 2022.
Da cui, con le idee leggermente più chiare mi pongo comunque due domande: c’è davvero bisogno che il parlamento venga invaso dagli elettori dello sconfitto di turno per capire che la democrazia è in coma profondo? E cosa accadrà qui da noi se il governo Meloni dovesse cadere per qualche motivo?
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