Il discorso del cattivo

Storie e Notizie N. 2117

Avete presente come funzionano molte storie di successo, soprattutto quelle di un tempo, dove il confine tra buoni e cattivi era ben marcato, e alla fine il bene prevaleva, a meno della necessità di un sequel? Di solito verso la fine, non si poteva fare a meno di ascoltare il discorso del cattivo, il monologo con cui spiegava all’eroe di turno le sue eventuali ragioni, prima del conclusivo colpo di scena con il quale il buono – magari approfittando proprio dell’autocompiacimento dell’avversario – riusciva ad avere la meglio.
Tale auspicato trionfo, ovvero lieto fine, non era giustificato soltanto da quest’ultima opportunità, ma anche e soprattutto perché le motivazioni del protagonista godevano di una giustezza morale e umana nell’accezione migliore, ancor più che logica, che quelle del malvagio antagonista non avevano.
Questa sorta di regola narrativa veniva rispettata sia nei romanzi che a teatro e al cinema, oltre che nei fumetti.
In seguito le più autentiche zone grigie della realtà hanno sovvertito le ingenue suddivisioni tra ciò che
nelle trame più semplici avrebbe dovuto restar bianco e quel che era condannato al nero, sono saltati fuori gli antieroi e tutte le altre complicazioni del ruolo, e il suddetto equilibrio è andato a farsi benedire.
Tuttavia, concentrandoci sul mondo reale, tale confusione, ovvero contraddizione, a mio modesto parere trova assai meno senso qualora assuma contorni a dir poco paradossali.
Prendete quale eloquente esempio il discorso pronunciato di recente da Putin, il “cattivo” per antonomasia nell’immaginario mondiale, o almeno nella porzione occidentale di quest’ultimo.
Il nemico della pace degli ucraini e oramai di tutte le nazioni solidali, a cominciare dall’alleato numero uno, gli USA, ha elencato le sue, di ragioni, che pur tuttavia abbiamo già ascoltato e ancora oggi udiamo per bocca della maggior parte dei suoi avversari, ovvero noi.
Egli giustifica un’invasione militare di un paese sovrano con lo scopo di garantire la sicurezza del suo.
Lancia la sua sfida ai nazisti o neo tali che siano.
Afferma senza alcuna remora di disattendere le varie risoluzioni dell’ONU e di ritirarsi dagli accordi presi in precedenza.
Ricorda a tutti di non avercela con il popolo invaso e di volerlo supportare, puntando il dito contro il regime che lo governa.
Dice di voler proteggere la libertà e la sovranità del suo paese.
Si lamenta dei pericoli per la famiglia naturale e l’identità nazionale, e della deriva dei
matrimoni tra persone dello stesso sesso, sottolineando che la famiglia è l’unione tra uomo e donna.
Dichiara contestualmente guerra al terrorismo.
Si esprime continuamente con parole di elogio e difesa della patria, dei confini, della nazione e della sua identità, di eroi e soldati coraggiosi.
Prevede di aumentare la spesa per gli armamenti del suo paese.
Promette che favorirà le imprese locali a discapito di quelle straniere e che faciliterà gli investimenti per le grandi imprese e le ferrovie ad alta velocità.
Fa, in buona sostanza, una quantità impressionante di promesse che sa di non poter mantenere.
Si erge a difesa di una civiltà, la sua, contro le altre, indicando il suo popolo come modello per tutti.
Potrei andare avanti, ma alla luce di ciò più che di Putin mi sembra il discorso di tutti.
Non dico che dovremmo ricominciare a prendere alla lettera le storie di cui sopra, ma se ti definisci un degno avversario di qualcuno, di pensiero opposto, o almeno alternativo, be’, forse dovresti di tanto in tanto distinguerti dicendo qualcosa di diverso...

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