La famiglia reale
Storie e Notizie N. 2125
Prendetelo come uno sfogo, più che la solita storia ispirata da fatti realmente accaduti.
Consideratelo altresì un umile punto di vista di chi parla per esperienza, circa 30 anni sul campo, là fuori, dove c’è la vita vera, che nella maggior parte dei casi non è fatta di storie e neppure notizie, finché non diventano tali.
Più che mai non ritenetelo qualcosa di assoluto e portatore di indiscusse verità che vadano bene per chiunque, perché questa e solo questa è l’origine di tutti i mali che milioni di persone ancora oggi sono costrette a patire.
Sto parlando della famiglia reale, con entrambe le iniziali minuscole, dove vivono ragazze e ragazzi che affrontano ostacoli inenarrabili all’interno di quattro spessissime mura, ancor prima di imbattersi in quelli all’esterno, talvolta perfino sotto forma di decisioni prese per il loro bene.
Nelle famiglie reali che ho conosciuto in tutto questo tempo a dare il mio modesto contributo, tra comunità per tossicodipendenti e centri di salute mentale, disgraziatamente trova coerenza la recente notizia della neonata morta di stenti e del cui decesso sono indagate la mamma, i nonni e la zia.
Al contrario, non ne trova alcuna la decisione del nostro attuale governo di opporsi al riconoscimento dei figli di coppie omoaffettive, così come le consuete farneticazioni di chi ancora oggi parla di famiglia come se ce ne fosse una e una sola, al cui interno un immaginario bimbo ha bisogno rigorosamente di un papà e una mamma…
Ripeto, prendetelo come uno sfogo, emotivo, istintivo e caotico, ma in tutti questi anni ho visto, ascoltato e con lo strazio nel petto cercato di aiutare centinaia di giovani che un papà e una mamma ce l’avevano eccome e per molti di loro il problema è stato proprio questo.
Ho incontrato molti “bimbi”, come dice Salvini, adottati da coppie nella versione canonica, televisiva e pubblicitaria che piace tanto alla destra e anche a taluni a manca, le quali non hanno fatto altro che indurli a rimpiangere il luogo freddo e triste da dove provenivano. Come a dire, meglio soli, ovvero orfani nel cercare di accettare la consapevolezza di essere tali, che venire illusi e traditi quotidianamente dal sogno infranto di avere qualcuno al posto di quel vuoto quasi incolmabile.
Soprattutto di recente mi sono trovato a dover conoscere e non avrei voluto, ovvero avrei preferito che loro per primi non ne avessero avuto alcun motivo, tanti, troppi adolescenti di una vulnerabilità e una forza ugualmente impressionanti, teneramente indomiti nel voler essere riconosciuti con il nome e l’identità da loro stessi decisi, eppure oppressi, sviliti e maltrattati da quelle stesse famiglie composte da genitori “normali”, “ideali”, “tradizionali”, aggettivi che nel mondo reale spesso hanno un solo significato e non è nulla di buono.
Lo vedi nei tagli sulle braccia e sulle gambe, lo vedi nella luce che si è spenta in modo imperdonabile nei loro sguardi, lo vedi nelle bruciature da sigaretta e lo percepisci in quelle del cuore e dell’anima, che non vedi ma sai che ci sono, eccome se lo sai, perché la voce trema e invece dovrebbe danzare salda di vita giovane e irruenta; perché il capo resta chino e gli occhi fuggono ovunque basta che sia lì in basso, dove nessuno guarda. E forse trovano un po’ di pace anche così, nascosti, confusi nel nulla, ma tu leggi pure come il girone infernale che la nostra “ideale” società ha costruito per loro.
So che non è tutto il mondo quello che ho visto sino a oggi, ma è roba vera, è vita reale, gente in carne e ossa, sogni di cristallo e umanissime speranze, di coloro che sono rimasti fuori della porta di ciò che ci piace ammirare nei quadretti e nelle foto di famiglia, giustappunto. E mi sbaglierò anche su questo, ma ancora oggi sono convinto che una società per bene, che si definisca civile e democratica, deve partire dai suoi membri più piccoli e fragili, ascoltandone le istanze e i desideri.
Sono gli abitanti della famiglia reale e la prima cosa di cui hanno davvero bisogno non sono un papà e una mamma, ma è l’amore, sano e costante, di chiunque ne abbia cura ed essere rispettati per ciò che sono da tutti gli altri.
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