La piaga del traffico in Sicilia

Storie e Notizie N. 2170

Ah, le parole, quanto potere hanno ancora oggi, nonostante decenni in cui le immagini ne hanno fatto carne di porco, aumentando ulteriormente la propria supremazia negli occhi di chi guarda passando dal cartaceo al digitale.
Con le parole non abbiamo mai smesso di comunicare, ovviamente, ma anche di raccontarci storie, vere, false o verosimili che siano.
Tramite le parole identifichiamo cose e persone, ovvero persone che vengono ridotte a cose, e cose che diventano più importanti delle persone stesse.
Tra i professionisti nell’arte di costruire lingue ad hoc a seconda dell’interesse del momento vi sono di sicuro i politici e i media che gli fanno da ubbidenti cantori.
Vale per ogni argomento. A questo proposito non potrò mai dimenticare il giorno in cui saltò fuori che il tal deputato non aveva sottratto denari alle casse dello Stato, ovvero le nostre, ma si era macchiato del reato di peculato. Vuoi mettere? Perché le parole mitigano, le parole addolciscono o, al contrario, infieriscono. Spesso accusano, astutamente sintetizzano, rimuovono o, all’occorrenza cancellano, e ciò che resta è il criminale.
Prendete ora il racconto dell’immigrazione nel nostro Paese e come si è evoluta le relativa lingua dagli anni Novanta a oggi, per circoscrivere tempi e luoghi.
Con il trascorrere degli anni i protagonisti – a meno di non meritarsi tutte le definizioni o gli epiteti messi assieme – all’inizio erano solo “stranieri”, poi sono diventati “extracomunitari”, quindi “clandestini”, confusamente “rifugiati” e “profughi”, e infine “migranti”.
Ma è nel dare un nome al colpevole di questa diaspora moderna che i creatori di dizionari a uso e consumo di chi si trovi dal lato apparecchiato della tavola hanno dato il loro meglio.
Un tempo il nemico era unicamente lo “straniero” e in parte lo è ancora. Probabilmente lo sarà per sempre e la cosa più triste e quando è egli stesso a convincersene.
Di volta in volta, però, vengono alla ribalta nuovi bersagli, più o meno fabbricati a smemorata vergogna o vergognosa mancanza di memoria, più che arte, tralasciando le proprie dirette responsabilità in tutta questa immane tragedia.
Ultimamente erano state prese di mira le navi delle ONG. Ve le ricordate, quelle imbarcazioni guidate da marinai buonisti che solcano i mari alla ricerca di persone illegali con cui imbarbarire e insozzare le nostre civili e pulite cittadine? Non se ne parla più, avete notato? Un paio di leggine liberticide, i naufragi sempre più in basso nelle pagine dei giornali e vai con il vocabolario aggiornato.
Perché nella versione attuale c’è un nuovo cattivo da additare quale unico colpevole: lo “scafista”, o più genericamente, il “traffico di esseri umani”, che da un’idea più truce e malvagia.
Be’, leggendo della pubblica consacrazione in quel di Lampedusa di tale perfezionamento della trama governativa da parte delle autorità europee e nostrane, rispetto alla materia in oggetto, devo dire che allora aveva davvero ragione il personaggio del film Johnny Stecchino che parlando con il protagonista interpretato da Benigni gli diceva che il problema della Sicilia non è mica la mafia.
È il traffico…

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