Alfabeto della guerra e della pace

Storie e Notizie N. 2188

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Avendo per forza di cose una particolare affezione, oltre che interesse, verso le parole e l’uso che se ne fa nel raccontare fatti e opinioni, vorrei quest’oggi elencare uno speciale alfabeto, il quale più che del dizionario, tiene conto di come i vocaboli vengono di norma utilizzati e abusati in tema di guerra e pace.
Aggressione: ma anche attacco e attentato, è quando qualcuno compie una qualsivoglia iniziativa più o meno violenta ai danni di qualcun altro.
Buoni: ovvero i “bravi” e i “belli”, non esistono più e forse non sono mai esistiti, come non ci sono neppure più i “cattivi”, soprattutto dal momento in cui le pallottole, le bombe e il fuoco divorano vite una dopo l’altra in quantità agghiaccianti.
Civili: si scrivono questi ultimi, si leggono e si contano tra i morti, le vittime sacrificali dei combattenti in divisa e non, a loro volta manovrati da chi riflette sulla prossima mossa a debita distanza e al sicuro.
Difesa: da cui “diritto a quest’ultima”, consiste nel mettere in pratica ogni accorgimento per proteggere il proprio spazio vitale e ciò che si possiede, se stessi e i propri cari dall’altrui aggressione. Da non confondersi con l’”offesa”, soprattutto in materia di guerra.
Eserciti: un tempo e per tradizione erano il braccio armato delle nazioni che affrontava quello nemico sul campo di battaglia. Oggi sono formati da tutti coloro che anche solo idealmente risultino arruolabili e, al contempo, definibili come nemici.
Fine: reale risolutiva conclusione delle ostilità. In verità trattasi di miraggio, il più delle volte, soprattutto qualora annunciata dai vincitori, ovvero dalla voce del più forte amplificata dal megafono della stampa virale. Perché molte guerre sono come dei film horror, più che propriamente di genere bellico, che continuano anche dopo i titoli di coda, oltre i confini dello schermo e alle sue spalle. Finché non accade di nuovo qualcosa che rientri nella trama già pronta per il sequel.
Giornali: sono i testimoni e al contempo i cantori neutrali sulla carta, reale o digitale, dei conflitti. Sfortunatamente, si riducono spesso a una finestra sempre aperta sulla diretta di sangue e violenza, alla sfrenata ricerca di parole, immagini e scene che inducano il dito a cliccare. Niente di personale, giacché è pratica comune per ogni umana vicenda.
Hitler: il “cattivo” della Storia e di tutte le storie per eccellenza, che in momenti come questo in maniera inevitabile viene tirato in ballo, facendo paragoni azzardati o del tutto fuori luogo. Tralasciando invece di rammentare la questione più importante: che l’ascesa e il regno di tutti i mostri del passato e del presente sono stati agevolati dal medesimo sonno della ragione che li ha generati.
Ideologia: ma sarebbe andato bene anche “interesse”, personale, economico, politico e strategico. Si immagini la prima come un’enorme coperta con cui mantenere opportunamente celati e ben pasciuti tutti gli altri.
Libertà: la mancanza o qualsiasi tipo di limitazione di quest’ultima è uno dei fertilizzanti più potenti per far germogliare la venefica pianta dell’odio.
Mediazione: è l’arte più difficile oggigiorno allorché i popoli si scontrino a vicenda. Perché richiede una totale assenza di interessi personali nella vittoria dell’uno o dell’altro.
Nemico: citando Umberto Eco, per molti è indispensabile non solo per definire la propria identità, ma anche per procurarsi un ostacolo rispetto al quale misurare il proprio sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il proprio valore. Pertanto, qualora il nemico non ci sia, occorre costruirlo.
Offesa: atto intenzionale con lo scopo di colpire duramente qualcuno o qualcosa. Da non confondersi con la “difesa”, vedi sopra.
Politici: accostabili soltanto per l’iniziale alla parola “Pace”, ben più coerenti con “Partito” e soprattutto “Parteggiare” – in questo caso assolutamente da non confondere con Partigiani -, non mancano occasione di dichiarare il sostegno all’uno o all’altro schieramento a seconda del proprio tornaconto. Di solito è il più potente, almeno finché la Storia non rimetta in ordine le colpe. Ma occorrono decenni, se non secoli.
Qualunquismo: atteggiamento di cui viene accusato colui che non intende schierarsi dalla parte di nessuno degli avversari in campo. In molti casi, ciò è dovuto effettivamente a una cronica ritrosia a prendere una posizione netta su qualsiasi argomento, con il timore di doverne rispondere pubblicamente. Ciò malgrado, in talune occasioni andrebbe rivisto il concetto, perché in caso di una guerra potrebbe essere l’unico approccio autorevole per convincere i contendenti a deporre le armi.
Ragione: nel senso di intelletto, ma anche di giustificato motivo. Dal lato comodo di chi si limita a osservarla, nel momento in cui la guerra divampa, consiste nel mostrare giustappunto il buon senso nel mettere da parte la puerile contesa su chi ha ragione o meno.
Silenzio: ponderato e concentrato, si dovrebbe mettere in pratica ogni volta prima di esprimere qualsiasi tipo di parere, qualora lo si ritenga proprio inevitabile, su chi sta vivendo in questo preciso momento la terribile tragedia della guerra.
Terrore: è il preminente colore negli occhi della maggior parte degli interpreti principali, nonché loro comprimari e comparse, così come in quelli del pubblico pagante o abusivo. Eppure, ancora oggi, la guerra è spettacolo che vende alla grande e fa ogni volta il tutto esaurito.
Unità: di intenti e valori, nonché nel desiderio che dovrebbe accomunare tutti coloro che si trovino al di fuori della controversia in atto. Altrimenti, come potrebbe chi è già scisso di suo far unire a sua volta chi è sanguinosamente diviso?
Vendetta: quando qualcuno aggredisce qualcun altro per pareggiare o addirittura invertire il numero dei torti subiti. Nondimeno, nei fatti è una delle accezioni più ricorrenti di quel che erroneamente, talvolta sbrigativamente, e spesso con bieco interesse, viene chiamato “difesa”.
Zattera: ovvero, malgrado la differente lettera iniziale, barcone. Si traduca pure con ciò che da tempo immemore da queste si parti si vede approdare sulle proprie coste, con paura, sdegno e disprezzo, malgrado sia l’ulteriore tragica conseguenza di quelle stesse guerre per le quali ci si commuove in tempo reale.

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