Umano eroe
Storie e Notizie N. 2256
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Questa è una storia vera che mi ha colpito particolarmente, anche se sembra quasi invisibile nell’enorme quantità di notizie che non fanno altro che aggravare la nostra percezione del genere umano.
Sarà anche perché adoro il mare e lo preferisco soprattutto quando sembra arrabbiato, e forse lo è davvero, e sferza la riva e i più temerari tra i bagnanti, che spesso se ci fate caso sono i bambini, propensi in maniera innata a fidarsi della natura.
Sarà altresì perché da quando l’ho letta non faccio altro che chiedermi cosa avrei fatto al posto di un signore australiano di nome Craig Laidley, 56 anni, il quale qualche giorno fa stava tranquillamente passeggiando sul bagnasciuga della spiaggia di Balian, a Bali, in Indonesia.
Rivediamo la scena come se ciascuno di noi fosse lui.
A un tratto, in una giornata in cui tuffarsi in acqua non è assolutamente consigliato, ci accorgiamo che c’è qualcuno tra i flutti, un uomo che ha la metà dei nostri anni. È un giovane turista tedesco che sta per essere risucchiato dalle onde terribilmente agitate.
Pochi secondi per pensare, il tempo di prendere una decisione cruciale dalla quale dipende la vita o la morte di noialtri e di uno sconosciuto, già. Il quale ci è familiare unicamente per l’appartenenza a una specie che ormai sembra diventato l’ultimo dei dettagli.
Sembra, già, ma non per Craig, ovvero noi.
Perché non c’è più tempo e la scelta è stata fatta.
Ci gettiamo in mare e nuotiamo, freneticamente bracciata dopo bracciata e con lo sguardo fisso su un nostro simile in pericolo, di cui non sappiamo nulla tranne che questo, sfidiamo il gigante in tempesta e abbiamo la meglio.
Afferriamo l’incauto nuotatore e lo tiriamo a riva, fermandoci a prendere fiato dopo averlo depositato con cura su uno scoglio.
Tuttavia, sfortuna vuole che la nostra parziale vittoria esiga un prezzo. Il più alto, dicono con ragione. Un’onda più violenta delle altre, come se fosse la mano del colosso di cui sopra, afferra il nostro, ci afferra, e ci trascina via con sé sotto lo sguardo del giovane che abbiamo appena salvato.
Per una vita che se ne va, c’è n’è sempre un’altra che arriva, mi capita spesso di osservare. In tal caso, che sopravvive.
Craig lascia una moglie e due figli, oltre a una quantità di altri cari che non ci è dato conoscere, ma questo non vuole dire che non ci siano.
Ciò nonostante, assieme a quanto detto all’inizio, ciò che mi resta altrettanto impresso è quanto sia stato messo in risalto l’aggettivo eroe con il quale si è guadagnato gli onori della cronaca. Assolutamente meritato, ovviamente, come in tutti questi casi, ma niente mi toglie dalla testa che forse potremmo cominciare a credere che non si tratti di qualcosa di unico e straordinario. E che malgrado non mi senta di giurare che avrei fatto lo stesso, sono sicuro che in tanti là fuori si sarebbero tuffati per salvare uno sconosciuto.
Perché questo vuol dire essere umani, oltre che eroi.
È solo che non fa notizia...