Fiaba di umani terre e merci

Storie e Notizie N. 2270

C’era una volta la mercificazione degli esseri umani, e di tutto ciò che a loro attiene più o meno indebitamente.
Uno dei primi a parlarne in modo approfondito, puntando il dito verso l’ossessione capitalista di rendere qualsiasi cosa un prodotto trasportabile, scambiabile e soprattutto vendibile – quindi anche la specie umana -  è stato Karl Marx.
Ma qui si vola assai più basso per non sembrare irriverenti o presuntuosi. Ovvero, balziamo oltre i confini del tempo. Con incoscienza, ingenuità e speranza, ma c’è del metodo, in ciò confido vivamente.
Che le palpebre, calando e riaprendo rapidamente il sipario del nostro diffidente sguardo, creino sufficiente dissolvenza da distrarre per qualche istante l’ingombrante cinismo che talvolta inquina la comune sensibilità.
È del futuro che vorrei parlare. Di chi sarà sopravvissuto a questa tempesta che ancora non è giunta al culmine del suo fragore.
Dinanzi a noi c’è chi tenta di narrare l’essenziale alla giovane vita che gli è stata affidata e per pura grazia c’è ancora quest’ultima che attentamente ascolta. Ecco la Storia scomposta in piccole storie o frammenti di esse di cui stavolta si dovrà per forza di cose far tesoro.
Una trama intessuta da concetti suddivisi da virgole e congiunzioni, già, ma più che mai da indissolubili soluzioni di continuità che avrebbero dovuto essere gli unici inviolabili muri portanti da proteggere sino alla morte.
“Questa è la fiaba di umani, terre e merci”, mormora chi dovrebbe esser testimone del tempo andato. “Terra è solo terra, in principio. E unicamente per pura generosità è anche benevola madre, preziosa fonte curativa e gratuita ricchezza nutriente.
“Ma, tieni bene a mente, terra non è merce, punto e giammai accapo, perché trattasi di assunto che qui si esaurisce definitivamente per il tuo bene ancora prima che il mio.”
La creatura soprannominata domani comprende e annuisce.
Umano è solo umano, in principio e alla fine del viaggio”, prosegue la voce che si è presa il compito di guidare e, soprattutto, salvaguardare. “E sia altrettanto chiaro: umano non è merce, non più.
“Dalla terra proviene, alla terra deve tutto e a essa appartiene. Il contrario è peccato, violazione, crimine efferato, e se non ci credi guardati in giro oltre quel poco che miracolosamente abbiamo salvato.”
L’astante, che potremmo anche chiamare allo stesso modo del tempo di cui sarà protagonista, ovvero futuro, capisce alla perfezione e fa un ulteriore cenno d’assenso con il capo, con lo sguardo e con il cuore.
“Ecco, questo è tutto.”
Il più imberbe tra i due, che ha seguito con estrema cura ogni parola, ovviamente domanda: “E le merci?”
Le merci non esistono, la merce è il nulla o ciò che rende tale ogni cosa; le merci non ci sono più, per la mia e la tua fortuna; così come chi le ha inventate, sfruttate e poi distrutte assieme a tutto ciò che sono state in grado di corrompere.
“La merce è solo l’ombra di un ricordo rivelatosi un incubo che l’uomo stesso ha inventato per tormentare il giorno e la notte dei suoi simili.
“Alla fine ciò che è rimasto è solo una parola nata vuota, o alla bisogna, perfidamente svuotata di significato, malgrado l’illusione celata nelle parole del mercante di turno.”
Perché l’alba del giorno nuovo, laggiù, oltre i confini di cui sopra, sarà possibile soltanto come fiaba di terre e umani.
Punto.

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