Lo scandalo delle emissioni non ancora scoperto
Storie e Notizie N. 1265
Sì, lo so.
Io lo so che verrà il giorno in cui lui lo svelerà.
Anzi, probabilmente sarà una lei.
O forse lo faranno insieme.
Non parlo di auto.
Mi riferisco allo scandalo delle emissioni confuse tra le parole che come pioggia incessante precipitano sulle nostre esistenze.
Prive di ombrello.
Altra invenzione da attendersi, questa, un salvifico riparo che protegga la nuda pelle, uccidendo il virus che rende tutto deforme e sproporzionato.
A cominciare dal colore.
Di quella stessa pelle.
Le parole che inquinano e danneggiano l’organismo sono pervicaci e in apparenza innocue.
Si mimetizzano e, soprattutto, hanno appreso col tempo l’elisir di lunga vita: l’adattamento.
Niente di particolarmente originale, d’accordo, ma qui non stiamo parlando di creature viventi.
Non è l’evoluzione il tema, poiché qui non v’è nulla che progredisca.
Solo qualcuno o qualcosa che farebbe di tutto per sopravvivere.
E’ così che il CPT diventa CIE che si trasforma infine in HOTSPOT.
I clandestini diventano immigrati e poi si trasformano tutti in migranti.
L’orango diviene un animale dal volto umano nell’arco di una farsa chiamata votazione.
E più di 700 vite scomparse per una fede impopolare possono venire calpestate anche da morte.
Da quelle medesime parole buone.
Protette da sacrosanti diritti pronti a essere tirati in ballo all’uopo, garantiti dalla libertà di insultare del paese semi libero.
Leggi pure come il privilegio dell’impunita metà di offendere quella in catene.
Ma non sia mai che il verbo dimostri l’ardire anche solo di immaginare un qualsivoglia quadro al di fuori del formalmente lecito ed ecco che lo scrittore è colpevole.
Perché le parole sono fuori luogo solamente laddove lo siano davvero.
Fuori luogo. Fuori dal tempo e dallo spazio. Più che mai fuori dai giochi.
Dove lì sì che si nasconde il vero.
Ecco, alla fine di tutto, come per la burla germanica del programma mentitore che inganna i controlli dei gas di scarico, siamo visitatori più o meno consenzienti di un grande, luminoso e squillante parco giochi.
Eppure, lo so.
Io lo so che l’ora giungerà.
In cui lei, è probabile, o forse sarà un lui, magari insieme.
Smonteranno il baraccone e mostreranno quel ciarlatano nascosto dietro il velo.
Intessuto da parole indegne di questo nome.
E come ne Il mago di Oz, arriveranno in dono coraggio, cuore e cervello per gli eroi.
Anzi, a dire il vero, i nostri vinceranno proprio perché ce l’hanno sempre avuti.
Saremo noi altri a ritrovarli.
Grazie a loro...
Leggi altre storie sulla diversità
Sì, lo so.
Io lo so che verrà il giorno in cui lui lo svelerà.
Anzi, probabilmente sarà una lei.
O forse lo faranno insieme.
Non parlo di auto.
Mi riferisco allo scandalo delle emissioni confuse tra le parole che come pioggia incessante precipitano sulle nostre esistenze.
Prive di ombrello.
Altra invenzione da attendersi, questa, un salvifico riparo che protegga la nuda pelle, uccidendo il virus che rende tutto deforme e sproporzionato.
A cominciare dal colore.
Di quella stessa pelle.
Le parole che inquinano e danneggiano l’organismo sono pervicaci e in apparenza innocue.
Si mimetizzano e, soprattutto, hanno appreso col tempo l’elisir di lunga vita: l’adattamento.
Niente di particolarmente originale, d’accordo, ma qui non stiamo parlando di creature viventi.
Non è l’evoluzione il tema, poiché qui non v’è nulla che progredisca.
Solo qualcuno o qualcosa che farebbe di tutto per sopravvivere.
E’ così che il CPT diventa CIE che si trasforma infine in HOTSPOT.
I clandestini diventano immigrati e poi si trasformano tutti in migranti.
L’orango diviene un animale dal volto umano nell’arco di una farsa chiamata votazione.
E più di 700 vite scomparse per una fede impopolare possono venire calpestate anche da morte.
Da quelle medesime parole buone.
Protette da sacrosanti diritti pronti a essere tirati in ballo all’uopo, garantiti dalla libertà di insultare del paese semi libero.
Leggi pure come il privilegio dell’impunita metà di offendere quella in catene.
Ma non sia mai che il verbo dimostri l’ardire anche solo di immaginare un qualsivoglia quadro al di fuori del formalmente lecito ed ecco che lo scrittore è colpevole.
Perché le parole sono fuori luogo solamente laddove lo siano davvero.
Fuori luogo. Fuori dal tempo e dallo spazio. Più che mai fuori dai giochi.
Dove lì sì che si nasconde il vero.
Ecco, alla fine di tutto, come per la burla germanica del programma mentitore che inganna i controlli dei gas di scarico, siamo visitatori più o meno consenzienti di un grande, luminoso e squillante parco giochi.
Eppure, lo so.
Io lo so che l’ora giungerà.
In cui lei, è probabile, o forse sarà un lui, magari insieme.
Smonteranno il baraccone e mostreranno quel ciarlatano nascosto dietro il velo.
Intessuto da parole indegne di questo nome.
E come ne Il mago di Oz, arriveranno in dono coraggio, cuore e cervello per gli eroi.
Anzi, a dire il vero, i nostri vinceranno proprio perché ce l’hanno sempre avuti.
Saremo noi altri a ritrovarli.
Grazie a loro...
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