Abbiamo bisogno di difenderci

Storie e Notizie N. 1335

C’era una volta l’uomo delle caverne.
Ma non l’uomo delle caverne in senso generale, che di semplificazioni a uso privato ce ne sono già abbastanza in giro.
Intendo un uomo delle caverne.
Anzi, diamo le misure esatte del racconto.
Un uomo di una caverna.
Costui si era fatto proprio un bell’appartamentino vista fiume, non troppo caldo d’estate e neppure eccessivamente gelido d’inverno.
Un bel mattino, si fa per dire, l’uomo della caverna si svegliò per uscire da quest’ultima, quando gli si parò davanti uno sconosciuto.
Costui altri non era che l’uomo delle montagne.
Ma non un rappresentante e portavoce auto elettosi leader di tutti gli uomini delle montagne sulla terra, che di fanfaroni dal megafono facile e dal volto assetato di flash ce ne sono già a iosa.
Mi riferisco a un uomo delle montagne.
Stavolta non una montagna, bensì molte, perché il nostro era un primordiale ominide, ma questo non vuol dire che fosse stupido.
Come dice il primo teorema della fessaggine, il fesso è un malato che non si cura chiuso nella caverna, ma uscendo da essa.
“Dove vai così di fretta?” domandò il nuovo arrivato.
“Esco.”
“Esci?”
“Sì.”
“E la clava?”
“Che?” domandò perplesso l’altro, perché la suddetta non era stata ancora inventata.
“Non dirmi che non hai una clava…”
“No.”
“Si da il caso che io abbia qui con me un campionario completo.”
L’uomo delle montagne si spostò di lato per un attimo e trascinò ai piedi dell’uomo delle caverne un ammasso di clave di ogni forma e lunghezza.
“Ah…” fece mente locale l’uomo delle caverne. “Ho capito, ma ce l’ho già lo stuzzicadenti, anche se i tuoi sono troppo grossi. Dentone, eh?”
“Non sono stuzzicadenti, idiota. Sono clave, servono per difenderti.”
“Difendermi?”
“Sì, difenderti.”
“Da chi?”
“Come da chi? Da tutto.”
“Per esempio?”
“I mammut.”
“I mammut non attaccano l’uomo.”
“Dai tirannosauri, allora.”
“Si sono estinti.”
“I velociraptor?”
“Estinti anche loro.”
“Le zanzare.”
“Uso le mani, faccio prima. Una volta che vado a prendere questa tua clava e ritorno la zanzara se n’è volata da un pezzo.”
“Dai serpenti?”
“Gli do un bel pestone. Porto il 54 e mezzo, non so se mi spiego.”
“I migranti.”
“Siamo tutti migranti, qui, pure le bestie. E lo sai anche tu.”
“Per difenderti dai cattivi…”
“Siamo tutti un po’ cattivi, qua, tranne le bestie. E anche questo dovresti saperlo.”
L’uomo delle montagne era esasperato e anche un po’ frustrato. Era scaltro, ma si era imbattuto nel secondo teorema della fessaggine: prima o poi l’astuto trova qualcuno meno fesso di quel che sembri.
“Insomma”, strillò l’uomo delle montagne in piena crisi di nervi. “Sei un ingenuo e un illuso, un buonista che vive di favole per la buonanotte. Non hai spina dorsale, sei privo d’orgoglio e non hai il carattere per vivere tempi difficili come i nostri. Tu non sai cosa voglia dire soffrire…”
“Basta così”, lo interruppe l’uomo delle caverne. “Mi hai convinto, dammi una clava.”
“In cambio dell’uso del fiume qui davanti e della…”
“Di quello che vuoi, firmo in bianco. Dammi la clava.”
“Prego”, fece l’altro, “scegli pure quella che preferisci.”
L’uomo delle caverne prese dal mucchio la più grande e, mentre ne stringeva l’impugnatura con forza crescente, ripensò alle ultime parole dell’uomo delle montagne. E al contempo si rammentò della moglie e del figlioletto che erano morti per una normale influenza solo un mese addietro.
“Hai ragione”, disse prendendo la mira. “Ho bisogno di difendermi.”
E diede all’altro una poderosa mazzata sul didietro.
Credo che da quel giorno l’uomo delle montagne non sia più sceso dalle cime di una di esse.
Non l’uomo delle montagne nel senso si tutti, s’è detto, solo quell’uomo delle montagne.
Anche perché ne vediamo arrivare ancora tanti all’ingresso delle nostre caverne…