Il giorno che non c’è stato

Storie e Notizie N. 1665

Eccolo qui, il giorno che non c’è stato.
Perché è qui, accanto a noi, che si ricordi o meno.
È mercoledì e siamo nella città di Halle, a nord di Lipsia, Germania est.
Si da il caso che nel dì mai avvenuto vi sia una ricorrenza particolare, per alcuni nel mondo.
Si tratta dello Yom Kippur e per gli ebrei è un’occasione solenne, importante, in una parola, santa. Poiché è il tempo della penitenza e della redenzione. Chissà, forse è questo l’aspetto più emblematico della questione.
A ogni modo, nella giornata che non ha avuto luogo va in scena il male fattosi carne e follia, che poi diviene storia. Se la esse iniziale sarà maiuscola o meno saranno i posteri e, soprattutto, i soliti vincitori a decretarlo.
In breve, un cittadino tedesco, un uomo di ventisette anni in abiti militari, cerca di entrare in una sinagoga, dove peraltro i fedeli stanno condividendo il suddetto rito. L’aggressore si fa forza con colpi d’arma da fuoco e bombe molotov. La radice di tutti i problemi sono gli ebrei, è l’incipit del suo manifesto.
Tuttavia, fortunatamente per i celebranti, la porta del tempio è ben chiusa.


Perché gli eredi delle vittime di allora tendono a non sottovalutare il dono della memoria, a differenza di alcuni discendenti dei carnefici e, soprattutto, della stragrande maggioranza dei silenti complici.
La cattiva sorte, come talvolta succede, è tutta a discapito degli ignari passanti. Una donna che transita sul marciapiede e un uomo appena entrato in un negozio di kebab.
Una donna, ripeto, e l’avventore di un esercizio etnico.
Come a ribadire, ancora una volta, che per gli sterminatori di unicità, solo in apparenza vulnerabili, non c’è alcuna differenza tra vittima e vittima. Ciò che conta per costoro è trucidare le tonalità non previste dalle anime rese miopi dal quotidiano lavaggio del cuore, più che del cervello.
Tuttavia, signore e signori, questa è solo la premessa del giorno mancante sul calendario della comune coscienza.
Eccovi il resto, subito dopo la diffusione della tragica notizia.
Nel nostro paese, il primo a commentare la vicenda è l’ex ministro dell’interno Matteo Salvini, il quale, memore del ruolo ricoperto mesi prima tra una moto d’acqua e l’altra, decide come sovente gli capita di cavalcare l’onda lunga dell’ennesimo attentato terroristico di matrice bianca e razzista. Solo che stavolta lo fa eccezionalmente al contrario. Ovvero, a ragione e corroborato dalla coerenza dei fatti: “Basta con le aggressioni naziste. Le organizzazioni di estrema destra sono pericolose: nel nome del nazismo ci sono nel mondo persone pronte a sparare e a uccidere.”
Giorgia Meloni, dal canto suo, non si fa attendere. Prende il primo volo per la Germania e direttamente dalla strada delle uccisioni gira un video, che subito dopo condivide sui suoi profili social.
Esprimo il mio dolore per un altro attentato terroristico di stampo nazista. La comunità internazionale abbia il coraggio di reagire!” Questo è il succo del suo messaggio.
A seguire, tutti i quotidiani appartenenti alla stampa notoriamente intollerante e monocorde nel manifestare avversione nei confronti delle minoranze e ogni tipo di diversità, come Libero, Il Giornale e Il Tempo, pubblicano editoriali e strali ciascuno dello stesso tenore.
Maledetti nazisti, Fuori gli estremisti di destra dalla nostra terra, Balordi con la svastica, ecc., sono solo alcuni dei titoli più eclatanti.
Di conseguenza, anche nel resto del mondo la coerenza diviene d’improvviso un valore a tutti gli effetti, a cominciare dall’Europa.
Il premier ungherese Viktor Orbán si congratula ufficialmente con l’amico leghista e propone un incontro pubblico in cui affrontare il grave problema della violenza verbale e fisica nell’universo estremista di destra europeo.
Il presidente polacco Andrzej Duda convoca il parlamento per discutere lo scioglimento di ogni tipo di associazione nel proprio paese che in qualche modo riconduca il proprio pensiero all’ideologia nazista.
L’austriaco Sebastian Kurz, dopo peraltro lo scandalo che ha portato al crollo di consensi da parte dell’alleato dell’estrema destra Heinz-Christian Strache, ne approfitta per dichiarare: “Mai più con i filonazisti nella terra natìa del fuhrer.”
L’affermazione viene lodata in modo trasversale,  incorniciata in una grande targa e poi affissa all’ingresso del parlamento a Vienna.
A questo punto, anche Marine Le Pen si unisce al coro ravveduto e propone al governo transalpino che il nove di ottobre diventi in Francia festa nazionale con la seguente motivazione: il giorno in cui la destra ritrovò la memoria.
Infine, last but not the least, Donald Trump si decide a chiudere il cerchio con un clamoroso tweet: gli Stati Uniti non resteranno a guardare dopo l’ennesimo sacrificio di persone innocenti. Il mio governo stanzierà milioni di dollari per costruire un muro tra i cittadini americani e tutti i fascisti, i nazisti e i razzisti del mondo, i quali saranno banditi a vita dagli USA.
Assurdo, vero? Pazzesco al limite della farsa, se non del ridicolo, è così?
Forse perché tale giorno non c’è mai stato?
Magari fosse così. Il problema è che il tempo sembra procedere all'inverso, poiché se fosse una persona di un secolo fa a leggere sul giornale che in Germania un uomo con la divisa dell’esercito si è svegliato ed è uscito in strada convinto di poter uccidere ebrei o qualsiasi altra vita sacrificabile - dal suo delirante punto di vista - non batterebbe ciglio.
Perché questo sì che è già successo.

Assenti dalle nostre pagine, tranne questa, sono invece proprio la penitenza e la redenzione della ricorrenza in oggetto. E, mi dispiace concludere così, ma privi di esse, senza memoria e dignità morale, saremo costretti a rivivere l’orribile introduzione di questa storia fino alla fine del tempo...

Iscriviti per ricevere la Newsletter per Email