Come vogliamo essere ricordati?
Storie e Notizie N. 1962
Riguardo alle fasi più difficili, decisive e al contempo famose della storia umana, una domanda che mi sono posto spesso è la seguente: cosa avrebbero fatto i protagonisti di allora, se avessero avuto l’occasione di riviverle? Quando dico protagonisti, non mi riferisco unicamente ai potenti di ogni epoca, tra sovrani, leader politici o solo particolarmente influenti. Tutti quanti noi abbiamo una porzione di responsabilità, nel racconto globale. Non importa quante persone dipendano dalle nostre scelte, perché siamo tutti collegati sin dalla nostra comparsa sulla terra, molto tempo prima dell’avvento di internet.
Per esempio, se un cittadino tedesco vissuto sotto il nazismo, o anche uno italiano durante il ventennio, avessero avuto la chance di tornare indietro nel tempo? Avrebbero fatto i medesimi errori, pur di sopravvivere? O, invece, avrebbero cambiato il corso dei propri eventi, scegliendo di stare dalla parte del giusto? Lo stesso per quanto concerne i bianchi in America quando c’era la schiavitù o quelli sudafricani sotto l’Apartheid. Ma anche tutti gli uomini, nessuno si senta meno tale quando fa più comodo, nei frangenti in cui le femministe hanno avuto – e ancora oggi hanno – bisogno del loro supporto.
Ecco, qualche giorno fa, mi sono ritrovato a riflettere su questo mio personale dilemma e a un tratto ho pensato: cavolo, ma una fase difficile, decisiva e significativa, la quale sarà inevitabilmente ricordata sui libri di storia, la stiamo vivendo tutti in ogni parte del pianeta. La scelta, a mio modesto parere, è duplice: i cambiamenti climatici e il Covid-19. A prescindere da entrambi, rispetto al dilemma di cui sopra, è come se non avessimo alcuna necessità di tornare indietro per provare a prendere delle strade differenti. Più giuste, ragionando a posteriori. Il tempo è ora, siamo in diretta, l’occasione per non sbagliare è adesso.
Mi rendo conto che per molti di noi il trovarsi d’accordo su cosa sia effettivamente giusto nel bel mezzo della fase stessa, nei suoi passaggi più controversi, non è questione risolta. Allo stesso modo immagino che in base agli esempi di cui sopra vi erano alcuni che nella Germania nazista o nell’Italia di Mussolini presentavano delle spiegazioni ai loro occhi sensate di una visione razzista del mondo, così come gli americani e i sudafricani bianchi erano convinti della ragionevolezza di una società con esseri umani di serie A e di serie B. Ma oggi, per merito soprattutto dell’informatizzazione del pianeta, chiunque, quasi ovunque, ha la possibilità di individuare dei punti fermi comuni per tutti.
Ci proviamo? Allora, lasciando fuori dalla discussione ogni tipo di approccio delirante o patologicamente negazionista, possiamo dare per assodati i seguenti concetti: i cambiamenti climatici e il Covid-19 esistono, sono reali avversari da affrontare e stanno mettendo a rischio la nostra vita. Non solo la vita in sé. Parlo anche dell’idea di vita, di società, di comunità, che abbiamo costruito, progettato e sognato. Così come lo erano un tempo lo schiavismo in America, il nazismo in Germania, il fascismo in Italia e l’Apartheid in Sud Africa.
Città sommerse dall’acqua o congelate dal ghiaccio, terreni desertici dove un tempo vi erano foreste rigogliose e freschi corsi d’acqua, così come la gente prigioniera in casa, intere giornate davanti a uno schermo, i distanziamenti e gli isolamenti, l’impossibilità anche solo di stringerci la mano e le mascherine a nascondere sorrisi e ogni tipo d’espressione, sono immagini da incubo. Alcune delle prime stanno già accadendo ma forse le consideriamo ancora lontane o sporadiche, mentre le altre le conosciamo perfettamente.
Ci siamo dentro, il film, il romanzo, la storia di noi tutti. Ma è roba vera, di cui un giorno nel futuro, augurandoci che saremo ancora qui come specie, i nostri discendenti parleranno. Comprenderanno. E giudicheranno, separando il giusto dal resto. Così come abbiamo fatto noi con i sopra citati momenti del passato.
Forse potrebbe aiutarci fare noi un balzo in avanti e immaginarci seduti assieme a loro, magari a bordo di un satellite nello spazio o addirittura sul famigerato pianeta abitabile che spero saremo riusciti a scovare nell’universo. Così, spulciando tra gli annali del 2021, potremmo farci un’altra, fondamentale domanda: come vogliamo essere ricordati?
Come coloro che hanno fatto di tutto pur di contrastare ciò che minaccia la nostra sopravvivenza o piuttosto per aver invece sprecato stoltamente tempo, risorse ed energie combattendo contro i propri simili?
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Il mio ultimo libro: A morte i razzisti